Gioachino Rossini

(1792-1868)

Ciro in Babilonia, o sia La caduta di Baldassare

O sia La caduta di Baldassarre Dramma con cori in 2 Atti, è stata rappresentata a Ferrara il 14 marzo del 1812

Personaggi

Baldassarre, re degli Assiri in Babilonia (Tenore); Ciro, re di Persia, sotto le vesti di ambasciatore (Contralto); Amira, moglie di Ciro, prigioniera di Baldassarre (Soprano); Argene, ancella e confidente di Amira (Soprano); Zambri, principe babilonese (Basso); Arbace, capitano degli eserciti di Baldassarre (Tenore); Daniele, profeta (Basso); il figlio di Amira; grandi del regno, soldati

Libretto di
Francesco Aventi

La scena si rappresenta parte in Babilonia e parte ne’ recinti esteriori della città stessa.

Atto Primo

Reggia di Baldassare.

Scena prima
Principi e Grandi del regno, poi Zambri

Coro
Di Babilonia i popoli
cantino questo dì,
in cui de’ suoi nemici
trionfa il Re così.
Qual inatteso fulmine
giunser le nostre schiere;
e l’armi e le bandiere
al Perso vil predarono,
che in faccia a lor fuggì.

Zambri
Sì de’ Persi il vano orgoglio
nostro brando in campo ha estinto;
ed a Ciro oppresso e vinto
figlio e sposa oggi rapì.

Coro
Viva il monarca invitto,
che dall’eccelso trono
della vittoria al suono
trionfa in questo dì.

Zambri
Ma pietà che il Re consiglia
di salvezza a ognun fa dono
e destina al proprio trono
chi la destra a Ciro unì.
Plaudite, amici: il lieto giorno è questo,
in cui del Re la gloria
splende per ogni intorno.
Fino all’età remote
n’andranno i suoi trofei;
ed i nemici rei
confusi ed avviliti
lungi da queste mura
porteran l’armi di rossor dipinte,
e le falangi debellate e vinte.
Mentre credea de’ Persi il Re superbo
abbatter quest’impero,
già smarrito ed oppresso
lascia vittima ei stesso
del valor nostro il figlio e la consorte,
cui di grand’alma in pegno
offre il Re nostro e libertade e regno.

 

 

 

Scena seconda
Baldassare con guardie, Amira, Argene e detti

Baldassare
E’ questi, o Principessa, il pensier mio.
Te, che dovrei di ceppi
stringer e di catene
voglio che in dolce imene
al talamo regal congiunga amore.
E scordando che fosti
sposa del mio nemico,
poiché bella ti scorgo e di me degna,
mostrando ai Persi quanto grande io sono,
t’offro di ferri in vece il core e il trono.

Amira
Grata, signore, al tuo gran cor non posso
quanto m’offri accettar. La patria, Ciro,
al mio pensier presenti,
di figlia e di consorte
mi richiaman gli affetti;
né a scorno lor potrei
tradire i dover miei.
Ché se così ti piace
cingimi pur di barbare ritorte,
ch’io di mia trista sorte
piangendo fra me stessa
soffrirò senza pena
l’orribil prigionia fra queste mura,
e il Cielo incolperò di mia sventura.

Baldassare
Dunque potrai sì altera
sprezzar la mia clemenza?

Amira
In te ravviso
non clemente monarca, ma feroce
vincitor, che superbo
della vittoria sua coglie ogni frutto;
né curando in altrui
i legami d’amor, di patria fede,
altra gloria non vede,
che quella di voler quanto gli piace.

Baldassare
Frena qual labbro omai, femmina audace.
T’arrendi: alfin dipende
dal mio voler tua sorte;
potria costarti morte
un disprezzato amor.

Amira
Sprezzo l’offerto soglio,
e l’amor tuo m’irrita:
perder saprò la vita,
ma non tradir l’onor.

Baldassare
Il tuo rifiuto, ingrata,
d’ira m’accende il petto.

Amira
No sa cangiar d’affetto
quand’è costante un cor.

Baldassare
Trema.

Amira
Minacci in vano.

Baldassare
Pensa qual son, qual sei.

Amira
Tutti gli affetti miei
son volti a Ciro ancor.

Baldassare
(Vorrei punir la perfida,
fiaccar l’orgoglio insano,
ma frena il cor, la mano
la vaga sua beltà.)

Amira
(L’ira, il furor del perfido
vincermi non sapranno,
combatton nel tiranno
amor e crudeltà.)

Baldassare
Stanco di tue ripulse alfin son io.
Fa’ che sul labbro audace
mai più non oda del nemico il suono.
Se di ragion capace
è quel tuo cor, pensa che in Babilonia
contro te, mia nemica e schiava mia
scagliarsi il mio furor ancor potria.
Quivi invano il tuo Ciro
tenta di penetrar: chiuso ogni passo
le mura impenetrabili di Belo
ne guardano l’accesso;
e s’egli osasse ancora
tentar l’arduo recinto,
dato sol ti saria vederlo estinto.
Cangia consiglio, Amira: il nuovo giorno
mia sposa ti rivegga;
(a Zambri ed alle guardie)
E voi frattanto
il tempio e il gran convito
ite a dispor dell’imeneo sovrano.
(parte)

Amira
No, non fia mai, te ne lusinghi in vano.
Deh! vieni, amata Argene, a questo seno:
in te sola poss’io
sperar qualche conforto al dolor mio.

Argene
Misera Principessa! io pur vorrei,
né so trarti d’affanno:
comune a entrambi è la crudel sventura;
ed io fin da’ prim’anni
al tuo destin unita,
io, che passai la vita
a te sempre fedel, io tutta sento
la forza del tuo duol; ma la costanza
e la virtude che in tuo cuor risiede
forse otterrà dal Ciel qualche mercede.

Amira
Sì costante son io: di Ciro sposa,
sposa a Ciro morrò. Frema il tiranno.
Non sa temer quest’alma;
ed anche a morte in faccia,
in faccia al Re nemico
fin ch’io vivo e respiro
ripeterò che è questo cor di Ciro;
Ma il caro figlio, Argene,
ricerca per pietà: teco l’adduci
alle mie stanze, ove t’attendo in breve.
Il suo gentil sembiante,
il piacevol suo dir, tu ben lo sai,
dan tregua ai mali miei.

Argene
Tosto il vedrai.

(Parte Amira.)

Oh quanto mai compiango
l’infelice suo stato! A che ne giova
il nascer grandi, se d’ogni altri al paro
il destino crudel di noi fa gioco?
In questo odiato loco
trovassi almeno il conosciuto Arbace.
Ei nacque in Persia, e’l Thauristano un giorno
fu patria a entrambi.
Chi sa?.. forse potria
in sì dubbioso stato
qualcha aita recarci in tante pene.
Ma alcun s’appressa... è desso... Arbace!

 

 

Scena terza

Arbace e detta

Arbace
Argene!
Come tu quivi? In questa reggia forse
con la sposa di Ciro...

Argene
Appunto’ oggi dell’armi
il destino crudel entrambi trasse
qui prigioniere.

Arbace
Oh quanto debbo a questa
sorte per te funesta
s’oggi di rivederti il ben m’è dato!
Forse tra queste mura
a te giovar potrà l’opra d’Arbace,
se men odioso adesso
di quel che un dì ti fui
non sdegna Argene confidarsi a lui.

Argene
Ebben: dunque ti mostra
generoso con noi. Vuol Baldassare
oggi la man d’Amira o la sua morte.
Fedele ella al consorte
disprezza l’amor suo, la man ricusa;
in sì crudel periglio
tu ne presta qual puoi scampo e consiglio.

Arbace
Basta così. Vanne ad Amira, a lei
reca per or conforto e dolce speme.
Della porta maggior la guardia il Prence
a me commise... potrò forse... addio...
Periglioso è l’indugio.
Conoscerai tra poco
quanto per te farò; vedrai che il core
che io serbo in questo petto
meritarsi potea più dolce affetto.
(parte)

Argene
La sua pronta franchezza in me ridesta
qualche lieta speranza...
Ma col figlio si vada
all’amica infelice. Un sì bel core
accresce in me pietà del suo dolore.
(parte)

 

 

Esterno delle mura di Babilonia che si vedono in qualche distanza. Da un lato porta di Babilonia e ponte levatoio che mette alla scena. Colline che sono in vista della città: il piano presenta un campo, di cui si vedono i posti avanzati.

 

 

Scena quarta

Soldati di Ciro

Coro
Veh come pallido,
d’orror fremente
mesto e dolente
s’avanza il Re!

Ciro
Ciro infelice! ove t’aggiri, e dove
cerca in vano il tuo cor gli amati oggetti!..
Cruda sorte dell’armi!
Perché morte non darmi
pria che togliermi il figlio e la consorte?
Muto deserto è il campo... e l’eco stessa
sembra commossa al mio dolore,... Oh Dio!
rispondere piangendo al pianto mio...
Ma voi, mura spietate,
voi chiudeste di me la miglior parte!
Abbatterovvi, il giuro; e questo brando
sprezzando ogni periglio
salvar saprà tra poco e sposa e figlio.
Ahi! come il mio dolor,
come calmar potrò?
Misero, che farò
senza la sposa?..
Perché, destin crudel,
tormi il figlio, perché,
né dar piuttosto a me
barbara morte?..
Alla vendetta, all’armi
sdegno m’infiamma e gloria;
predice a me vittoria
lo stesso mio dolor.
Brama sangue il core, il brando
cerca già gli odiati petti...
Ma pensando ai cari oggetti
torna il core a vacillar.

Coro
Bando, o Ciro, ai mesti affetti,
solo pensa a trionfar.
All’armi, alla vendetta
seguendo i passi tuoi,
o tutti morrem noi,
o vincerai, signor.

Ciro
Non più miei fidi: il mio furor non soffre
indugio alcun. S’apprestino le schiere,
e i duci in questo loco,
pria che notte s’innoltri, abbiano il campo.
Il nuovo sol ci vegga
tentar l’assalto alle nemiche mura.
Già coprir la pianura
di Dario le falangi. Egli s’avanza
pronto al nostro soccorso, e forse meco
alla gloria dell’armi unir potrassi,
o seguirà di mie vittorie i passi...
(cada il ponte levatoio e sorte Arbace dalla porta della città)
Ma dall’ostil recinto
qua volger sembra un uom solingo il piede...
Perso rassembra al manto
ond’ha la faccia involta...
Chi sei? Che chiedi tu?

 

 

Scena quinta

Arbace, involto in manto alla persiana, e detto

Arbace
Ciro, m’ascolta:
Io nacqui in Persia, e giovinetto ancora
vidi la reggia tua. L’ingrata Argene
là conobbi ed amai.
Poi col padre n’andai
tra l’armi assire, e di quel Re possente
or servo appresso il trono.
Comando a mille fanti, e Arbace sono.
So che’l destin nemico...
e la tua sposa, e’l figlio, e de’ tuoi molti
prigionieri condusse in Babilonia;
Argene stessa io vidi, e quell’aspetto
tornò l’antico affetto
a ricercarmi il cor: se tu non sdegni
di cedere al consiglio e all’opra mia,
t’additerò la via
sicura al tuo trionfo; e figlio e sposa...

Ciro
Non preseguire, o Duce: il mio valore
abbatterà que’ muri, e in brevi istanti
salir vedrai della città nemica
sull’ardue torri le persiane insegne;
ma se pietà verace
ti muove il cor, o Arbace...
della sposa e del figlio, ambo infelici,
qual è il misero stato or tu mi dici.

Arbace
Vuol Baldassar che Amira
te scordando, o signor, con nuovo imene
a lui dia man di sposa. Ella ricusa;
ma il Re crudel morte minaccia, e forse
affrettarla potria se tu con l’armi
tentassi a danno suo novelle imprese.

Ciro
Oh Cielo, ove s’intese
più barbara perfidia?

Arbace
In me t’affida:
Vieni, o signor, in più remoto loco.
T’additerò come ottener potrai
più sicuro l’intento.
Soffri un istante ancora,
ché l’affrettar talora
periglioso diviene; e la vendetta
che il consiglio matura
quanto più tarda cade è più sicura.
Avrai tu pur vendetta,
ma cauto ad ogni evento
pensa che un sol momento
può tutto rovesciar.
Così leone immoto
nel suo furor s’arresta,
poi mostra più funesta
l’ira che tardi appar.

Ciro
T’ascolterò ma qual crudel contrasto
di dubbiezza e timor l’alma avvelena!..
Sortirne omai desio!
Vieni, mi siegui.

Arbace
Andiam, teco son io.
(Partono.)

 

 

Reggia di Baldassare.

 

Scena sesta

Baldassare con guardie

Baldassare
Impossibil mi par che tal costanza
superar non si possa; in fin ciascuno
qua piegar deve al mio voler! se ancora
ceder non vuole Amira
a chi il suo cor desira,
a un Re che gli offre e libertade e trono,
pensar degg’io ch’altra ragion l’astringa
a simile rifiuto;
ma se non cede alfine
l’indegna a’ cenni miei
com’io sappia punir vedrà costei.

 

 

Scena settima

Zambri e detto

Zambri
Signore, a te dal campo
il persiano monarca un messo invia
che parlarti desia;
parvemi a detti suoi che tregua e pace
offrirti voglia: agli atti, al portamento
uom sembra d’alto affar.

Baldassare
Forsi di Ciro
la sposa e il figlio chiederà costui,
li chiegga pure: a lui,
purché lungi ritragga
l’armi da queste mura il Perso duce,
il figlio renderò, ma resti Amira:
Ella è cara al mio core: e se’l Persiano
pensa toglierla a me, lo spera invano.
Si vada alla gran sala: il messaggiero
colà me guida a noi.

Zambri
Ubbidisco signor a’ cenni tuoi.
(Partono.)

 

 

Scena ottava

Arbace solo

Arbace
Ordita è la gran trama; e Ciro istesso
potrà stringere al sen figlio e consorte.
Entro di queste porte
io l’introdussi; e se il pensato inganno
protegge il ciel, forse potrò fin poco
trarlo d’affanno, e scioglier le catene
de’ prigionieri e dell’amata Argene.
Allor sperar mi lice,
che sol per me felice,
paghi farà i miei voti;
e questo cor, che solo amor le chiede,
avrà dell’opra sua degna mercede.
(parte)

 

 

Gran sala d’udienza con trono.

 

Scena nona

Baldassare circondato da guardie e Grandi, poi Zambri, introducendo Ciro in abito d’ambasciatore con seguito

Zambri
Ecco il persiano ambasciator.

Baldassare
T’avanza.

Ciro
Ciro salute a Baldassare invia,
e pace se gli aggrada.

Baldassare
Io bramo pace.
Ma quali i patti son?

Ciro
Da Babilonia
lungi n’andran sue schiere:
Le genti prigioniere
a te rendrà la Persia, e l’armi sue
sgombreran la Caldea:
Pace sarà tra il Perso e’l rege assiro.
Solo ti chiede Ciro
il suo figlio e la sposa: egli di guerra
il dritto orrendo a sostener non uso
t’offre, o Re, questi patti.

Baldassare
Io li ricuso.
S’inganna il tuo signor se pensa mai
ch’io tema l’armi sue.
S’egli da queste mura
lungi ritira il campo, e dal mio regno,
i prigionieri in pegno
di pace ed amistade, e il figlio io rendo;
ma a tal viltà non scendo
di rilasciare Amira...

Ciro
Ebben: paventa.
Vedrai di sangue e morte
scorrer queste contrade e i regni tuoi;
atre stragi e ruine
spargeremo dovunque...

Baldassare
Olà, ti frena,
ambasciator; tu stanchi il soffrir mio.

Ciro
Egli è Ciro che parla, e non son io.

Baldassare
Se ti cal del tuo Re, tenta pittosto
piegar il cuor d’Amira ai voler miei.
S’ella resite ancora
dovrà subire inevitabil morte.
Da sì funesta sorte
tu ritrarla potresti: in questo giorno
ella per tuo consiglio
a me porga la mano,
e tutto a te concedo e al tuo sovrano.

Ciro
(L’inganno mi giovi.) Ebben, signore;
tentar saprò quanto m’imponi.
(Almeno la rivedrò così.)

Baldassare
Zambri, qua venga
la Principessa tosto.

Zambri
Ella s’appressa.

Ciro
(Che momento crudel!... eccola... è dessa.)

 

 

Scena decima

Amira e detti

Amira
Cielo! che vedo mai!... sogno! qua Ciro...

Ciro
Qua Ciro ambasciator me stesso invia:
di te saper desia,
dell’amato Cambise;
e molte cose e molte a te, Regina,
svelar degg’io per cenno suo, se pure
nol divieta il monarca a noi presente.

Amira
(Io non so s’io m’inganno, o s’egli mente.)
Ebben, digli ch’io l’amo...
e che il figlio infelice...
rammentandomi il dolce suo sembiante,
tempra talor il duol di questo core;
Ma tu mi svela i sensi tuoi... che tardi?..
Deh! per pietà favella
di lui... di te... dell’amor tuo... che dice!
Ah! no, taci... mi fuggi...
il tuo aspetto... il tuo dir... timor m’infonde,
e quest’alma si perde e si confonde.
Vorrei veder lo sposo,
stringerlo al sen vorrei,
ma ancor de’ voti miei
non sente il Ciel pietà.

Coro
Ti calma, ti consola,
il Ciel si placherà.

Amira
Ah! che spiegar non posso
quello che in petto io sento,
e’l mio crudel tormento,
più grande ognor si fa.

Coro
Deh! ti consola e spera,
che il Ciel si placherà.

Amira
No, più non spero, oh Dio!
Trovar felicità.
Che crudo istante è questo!
Che palpito, che pena!
Tormento più funesto
del mio no non si dà.

Coro
Ti calma, ti consola,
che il Ciel si placherà.

(Amira parte.)

 

 

Scena undicesima

Baldassare, Ciro e Zambri

Baldassare
(a Zambri)
L’aspetto mio... la mia presenza vedo
che l’atterrisce... Ambasciator, ti lascio.
Ad Amira potrai
più libero parlar; ma ti rammento
quant’ora imposi a te: di qua non lungi
inosservato intanto i moti, i detti
conoscere potrò.

Ciro
Ti prego, o Sire,
fa che ritorni Amira,
e che’l suo figlio ancora
qui venga per brev’ora:
Tenerezza di madre a’ detti miei
accrescerà vigore.
(A questo seno io stringerò così Cambise almeno.)

Baldassare
E ben, pago sarai.
(ad una guardia che parte, poi torna col figlio)
Amira e il figlio
tosto qui vengan.
(a Zambri)
Sieguimi, in disparte
tutto veder potrem.

Zambri
Ti sieguo.

Ciro
All’arte.
(Baldassare, Zambri e guardie si ritirano, lasciandosi tratto tratto vedere tra le scene.)

 

 

Scena dodicesima

Ciro, Amira, e seco una guardia che conduce Cambise e poi parte

Amira
(correndo al figlio che gli vien rilasciato dalla guardia)
Oh caro figlio!.. Oh di quest’alma primo
e più tenero affetto!
Deh vieni a questo petto:
tu sol l’alma sollevi in tanti affanni.

Ciro
Non più... t’allegra Amira. In questo giorno
sposa di Baldassar ti vuole il Cielo.
Dunque tu cedi...

Amira
Io raccapriccio!.. Io gelo!..
Ma dove son io mai?.. Tu pur non sei...
che più di me dovresti
odiar l’empio tiranno? Ah! la mia mente
più non si regge, in tanti dubbi involta.

Ciro
(Né posso dire a lei che il Re ci ascolta?)

Amira
E fia ver, che tu possa
in questo luogo ancora
favellarmi così?..

Ciro
(prendendo tra le braccia il figlio e carezzandolo con tenerezza)
Questo ch’io stringo
tenero pargoletto al seno mio,
questo che tragge il pianto dal mio ciglio
egli è di Ciro pur... egli è tuo figlio.
Tu l’ami, e poi non pensi
ch’ei perirà... se tu resisti...

Amira
Oh Dio!..

Ciro
E perirai tu stessa. Il Re decise
di lui, di te la morte... Or vedi come
la tua crudel costanza
saria cagion di pene e di tormenti
a ognun che t’ama, e quanto
si struggerebbe in pianto
Ciro... il tu sposo istesso,
che perderia la sposa al figlio appresso.

Amira
Ah taci omai, crudel!.. par che tu goda
lacerandomi il cor... in questa guisa
m’insulti e mi deridi!..
Deh! piuttosto m’uccidi
se cambiasti per me l’antico affetto;
ma l’aborrito nodo
d’un tiranno crudele
non vantarmi così... cessa una volta...

Ciro
(Oh Dio! non sa che Baldassar ascolta.)

Amira
No: risoluta io son; e tu spergiuro
di vincer tenti in van la mia costanza.
Se tu più quel non sei,
che degli affetti miei
grata avresti ogni cura, ogni pensiero,
io t’amerò, spietato, anche infedele;
e a tuo rossore eterno,
caro sempre al mio core,
per me tra mille pene e mille guai
tu sposo mio, tu Ciro ognor sara.

 

 

Scena tredicesima

Baldassare, Zambri, guardie e detti

Baldassare
Pur ti sorpresi menzognero, audace.
Sotto mentite spoglie in te ravviso
de’ Persi il Re nemico...
Lo spavento d’Amira,
il tuo parlar, il tuo rossor t’accusa.
Fremer d’ira mi sento!
Ma non andrà impunito il traimento.
Guardie. Olà.

Zambri
S’arresti.

Amira e Ciro
Oh Dei!

Baldassare
(a Ciro che mostra volersi difendere)
Quale ardir!

Zambri
A noi t’arrendi.

Baldassare
(mettendo mano alla spada contro Ciro)
Muori alfin: tu Ciro sei.

Zambri
(trattenendo Baldassare)
Deh, signor, l’ire sospendi!

Baldassare
Qua punir degg’io l’indegno.

Zambri
Più non frena il Re lo sdegno.

Tutti
Che fatal orrendo giorno!
Le sue furie a noi d’intorno
l’atro Averno suscitò.

Ciro
Il furor del Re sdegnato
mi ricorda il mio periglio:
per la sposa e per il figlio
quanto, oh Dio, temer dovrò!

Baldassare
(ad Amira)
Per te ancor pietade io sento:
di’ che m’ami, e questo accento
sol può Ciro tuo salvar.

Zambri
Rendi alfin il Re contento:
quest’orribile momento
puoi tu sola ancor cangiar.

Amira
Qual sorpresa!... oimé, qual duolo!
Desolata... disperata...
più non reggo al mio penar.

Ciro
Ah mia sposa!..

Zambri
Cedi, Amira...

Amira
Ho deciso...

Baldassare
Ai ceppi indegno.
(alle guardie che circondano Ciro incatenandolo)

Tutti
Già dell’alme il rio contrasto
sdegno, tema, ardir infonde:
vario affetto si diffonde,
e non ha più pace il cor.

Coro
Tu puoi solo, o Ciel clemente,
render pace in tanto orror.

Atto Secondo

Reggia di Baldassare.

Scena prima
Argene, Arbace e cori

Coro
Sì bell’alma soccorrete
voi che avete il cor pietoso:
vegga Amira il caro sposo,
e sollevi il suo dolor.

Argene
Deh vieni per pietà! Rattempra, Arbace,
dell’infelice Principessa il duolo.
Ciro di ferri stretto
geme in carcer oscuro;
Amira il chiede
né può vederlo; sol piange... sospira
la misera consorte,
e chiede esser compagna alla sua sorte.

Arbace
Perigliosa è la via: ma, se il consente,
di sotterraneo calle
a me noto è il sentier che là conduce
dove Ciro è in catene;
se può recargli speme
lo sposo riveder, farò che a lei
servan di fida scorta i passi miei.
(Partono.)

 

Prigione sotterranea.

 

Scena seconda
Ciro in catene appoggiato ad un sasso, ed im- merso nel più cupo dolore

Ciro
Dunque fia ver che il vincitor di Creso,
de’ Lidi domator di ferri cinto
penar debba così?.. Misero!.. ahi quanto
il destino crudele
ti persegue e t’opprime!..
E pur quello son io,
cui d’Israello il Dio
dee confidar la sua vendetta!.. Il giuro,
Nume, che pur ti sento entro il mio cuore,
vendicato sarai... Nel giorno istesso
ch’io vincerò per te, de’ fidi tuoi
sciolti saranno i ceppi e le catene,
libero il culto suo!.. Ma dove sono!..
A chi parlo infelice?.. e che ragiono?..
La consorte adorata
potessi un solo istante
almeno riveder... No, tal contento
io più sperar non oso.

 

 

Scena terza
Arbace che conduce Amira, e detto

Arbace
Io la guido al tuo seno.

Ciro
Oh sposa!

Amira
Oh sposo!
(Abbracciandosi con iscambievole tenerezza.)

Ciro
Nello stringerti al mio petto,
cara sposa, amato bene,
son men crude le mie pene,
trova pace il cor in te.

Amira
Quanta gioia in te ritrovo
non può dirlo il core oppresso;
questi sguardi e questo amplesso
te lo dicano per me...

Amira e Ciro
Di questo sen fra i palpiti
ti giura il labbro, il core,
che mai di fé, d’amore
per te non cangierò.

Amira
Ma quai voce?..

Ciro
Qual splendore?..
(Guardano entro la scena, e vedono lo splendor delle faci.)

Amira
Che fia mai?..

Ciro
Qualcun s’avanza.

Amira e Ciro
Di nostr’alme la costanza
quanto ancor soffrir dovrà!

 

 

Scena quarta
Baldassare seguito da soldati, parte de’ quali con fiaccole, e detti

Baldassare
Quivi uniti? ah qual dispetto!..
Schernire i voler miei
dunque così potete?
Perfidi, alfin dovrete
dell’ira mia tremar.

Amira e Ciro
Qual sopresa!..

Baldassare
Empi, tremate.
(Tutti rimangono estatici nella sorpresa.)

Amira e Ciro
Fiero nell’anima
terror si desta,
gli accenti arresta,
né so perché.

Baldassare
Sdegno nell’anima
fiero si desta,
l’amor m’arresta,
nè so perché.
(volto ad Amira e con espressione)
Ne dovrà piegar quel core
di quest’alma al bel desio!

Amira e Ciro
Il tuo/suo sdegno è il piacer mio,
il trionfo di mia/sua fé.

Baldassare
Verserò quel sangue, indegni!

Ciro
Io non temo.

Amira
Io non pavento.

Baldassare
(ad Amira)
Dunque invan?..

Amira
Piuttosto morte.

Baldassare
(a Ciro)
E vorrai?..

Ciro
Perir con lei.

Baldassare
Ah si tolga a me costei,
più non reggo al mio furor!

Amira e Ciro
Ah che il togliermi da lui/lei
è il maggior d’ogni dolor!

(Al comando di Badassare alcuni soldati s’avanzano circondando Ciro ed Amira, e li conducono entro la scena da parti opposte; e Baldassare seguito dalle sue guardie sorte per altra parte.)

 

 

Reggia come nell’atto primo.

 

Scena quinta
Zambri ed Argene

Zambri
Udisti Argene? è pronto il gran convito,
e Baldassare impone
che Amira, che tu stessa
badiate alle sue mense.

Argene
E qual piacere
nel tuo monarca è mai
d’opprimerci così? Mentre d’Amira
geme in carcer lo sposo e in ferri stretto,
ci vuol del suo diletto,
delle sue gioie a parte!

Zambri
Chi sa? forse potria
fra il piacer delle feste e l’allegria
la tua Regina con accorti modi
per il figlio, per sé, per il consorte
trovar pietà nel Re; forse... ma vanne:
nunzia del regal cenno a lei ti rendi,
teco l’adduci; addio.

Argene
Colà m’attendi.

(Partono.)

 

 

Gran sala illuminata adorna di sontuosi drappi e di vasellami ricchissimi per servizio della mensa imbandita, con coppe,
fiori e vasi sul lato sinistro della scena: le guardie ed i cori musicali vi stanno intorno.

 

Scena sesta
Baldassare, Zambri, Amira, Argene, Arbace con altri principi, e donne babilonesi

Coro
Intorno fumino
gli arabi odori,
le tazze versino
grati liquori;
e in tuon festevole
musici cori
contento spirino
letizia, amor.

Baldassare
Meco s’allegri ognuno: è questi il giorno,
in cui di Belo il nume
s’onora fra le tazze e fra i conviti.
Bando ai tristi pensier: le meste cure
vadan lungi dal soglio;
qui sol amor, beltà e contento io voglio.

(Li convitati siedono intorno al Re.)

Coro
In tuon festevole
musici cori
contento spirino
letizia, amor.

Baldassare
Son questi, o Zambri, i vasi
che trasser gli avi miei dal tempio odiato
del Nume degli Ebrei?

Zambri
Come imponeste, o Sire,
qui recar li feci io...

Baldassare
Ricolmi tosto
di fumoso liquor ne sugga il labbro
grata bevando, ed alle nostre menti
Gerosolima torni, e le sue genti
da noi sconfitte e vinte,
e lo scorno del Dio
che mal da lor difeso
perdette un giorno in quel tremendo scempio
il trono, l’are, i sacerdoti, il tempio.

(Tra lo scroscio del tuono e dei lampi apparisce una mano, che imprime sul muro a caratteri di fuoco MANE, THEGEL, PHARES; ed alla vista di tale prodigio s’alzano i commensali dalla tavola, e tutti rimangono nell’atteggiamento della più trista costernazione.)

Baldassare
Qual tetro orror m’assale! E chi può mai
svelar a me del Ciel le cifre ignote?
Vengan i Magi tosto, e ognun che seco
delle divine cose i sensi intenda...

(Una guardia parte al comando di Baldassare.)

Al terribile aspetto
di quella vision nel petto io sento
acerba smania, ignoto turbamento...
Sogna larve la mente?..
Oppure videro il ver questi occhi miei?..
Dove son io!.. Ma voi, che a me d’intorno
confusi e taciturni omai restate,
perché mesti così... perché tremate?..

 

 

Scena settima
Magi, preceduti dal Profeta Daniele, e detti

Baldassare
(A Daniele, che si avanza maestosamente in faccia ad esso)
E tu chi sei, che a me terribil tanto
ti presenti al mio sguardo?.. a che ne vieni?

Daniele
Daniello io son, cui d’Israello al Dio
svelar piacque talor le arcane cose:
Di qui venir m’impose
alcun de’ tuoi, né invano,
ché ben scioglier poss’io
quel che t’agita il cor dubbio tremendo,
mentre il voler del Ciel spiegarti intendo.
Ingrati al Dio d’Abramo
tu fosti e gli avi tuoi;
per lor dispersi, oppressi
furono i fidi suoi;
distrutto il tempio e profanati i vasi,
che tua preda rimasi
serviron a’ tuoi vizi e all’empie mense.
Or stanco Iddio di tollerarti omai,
t’annuzia in quello scritto
la pena meritata al tuo delitto.
Giunto è il fin di tue colpe: andrà diviso
tra Medi e Persi dell’Assiria il trono;
di Babilonia infida
spariranno le mura e la memoria;
i nemici vittoria
avran sopra di te: tu stesso e i tuoi
spersi qual polve al vento.
Il nuovo sol a nascer non vedrai,
fian l’armi tue sconfitte, e tu morrai.

Baldassare
Misero me, che intesi!.. E tanto irato
meco fia dunque il Ciel, che orrido lutto
sparger fra noi minaccia?..
Qual fredda man m’agghiaccia,
e mi restringe l’alma!.. il piè vacilla...
in me ricerco invan l’ardire usato...
Oh rimorso del cor!.. oh mano!.. oh fato!
Qual crudel, qual trista sorte
m’empie il sen d’atro cordoglio!
Penso ai figli, al regno, al soglio,
e non vedo che terror!
Alla vista orrenda e fiera
tremo, gelo e mi spavento:
cede l’alma al rio tormento,
e si perde in tanto orror!

Coro di magi
Non dar fede al labbro insano,
che t’annunzia tristi eventi:
sol vittorie e sol contenti
presagì la mano a te.
Voglion sangue i Numi, è vero,
ma per toglierti al periglio:
Cadan Ciro e sposa e figlio,
ché in tua mano il Ciel li diè.

Baldassare
E fia pur ver, che sia
dello scritto funesto
questo, o saggi, il voler?

Coro
E’ questo, è questo.

Baldassare
Abbian morte e Ciro e’l figlio,
s’eseguisca il voler mio...
sol d’Amira il sangue, oh Dio!..

Coro
Deve Amira ancor perir.

Baldassare
Ad un cenno si crudele
non resiste l’alma amante,
non sa il labbro palpitante
la sua morte proferir.

Coro
Deve Amira ancor perir.

Baldassare
Dunque vada anch’essa a morte:
Qual dolore!.. ahi quanto affanno!..
Sarai pago, o Ciel tiranno,
del mio barbaro penar!

Coro
Non temer, ché il tristo affanno
saprà il Cielo terminar.
(Tutti partono fuor che Daniele, e lo scritto sparisce dal muro.)

 

 

Scena ottava
Daniele solo

Daniele
Va’ pur crudele! è l’ora omai vicina
della vendetta orrenda...
A te pende sul capo
la spada di quel Dio, che in van non coglie.
Sazia l’empie tue voglie,
e bramin teco pur e sangue e morte
d’un profano saper ministri indegni:
l’avran fra poco, e’l verseran piangendo
con te suo Re malvagio,
e coi sudditi tuoi...
A questo suolo intorno
va già fischiando l’orrida procella:
colpirà il fulmin ratto; e quell’istesso
ch’oggi tu credi al suo morir vicino,
fatto ministro dell’eterno sdegno,
domani vincitor avrà il tuo regno.
De’ nemici le spade, le faci
struggeranno le torri, le mura,
e de’ rettili e serpi l’impura
cruda stirpe sol qui regnerà.
D’atra polve e di cenere asperso
rimarrà questo suolo infecondo,
né avrà alcun più memoria nel mondo
dove fosse l’ingrata città.
(parte)

 

 

Scena nona
Arbace con guardie, Amira ed Argene

Arbace
Perdona o Principessa, odioso incarco
pur m’è forza eseguir: guidarti deggio
al carcere di Ciro... il cor ne geme,
ma non dispera ancor... il Ciel clemente
che vede i mali tuoi
veglia alla tua salvezza,
e quanto a te il periglio è più vicino,
tanto cambiar può in lieto il tuo destino.

Amira
Più lieta son se unita a Ciro anch’io
seco potrò spirar... Timor non sente
nelle sue crude pene
quest’alma avvezza alle sventure.

Argene
Oh quanta
pietà mi desti in sen! Teco vogl’io,
seguace ognor fedele,
o vivere, o morir...

Amira
Ah! vivi, amica,
più felice di me; così potessi
salvar lo sposo e’l figlio... è questi il duolo
che mi lacera il cor, che mi tormenta.
Deh! tu se m’ami ancora
qui ti rimani, Argene: ogni tua cura
poni a salvar quegli adorati oggetti,
in cui sol vivo... Impetra a lor pietade:
a ognun ne chiedi; e piangi, e prega, e tenta
d’impietosire il Re. Nei numi io spero,
che s’io potessi udir ch’essi vivranno,
io morrei senza pena e sanza affanno.
Deh! per me non v’affliggete,
ma per lor, che piango anch’io:
è di madre il pianto mio,
è di sposa il mio dolor!
(volta al cielo)
Tu Numi de’ numi,
signor de’ viventi,
che vedi, che senti
de’ miseri il duolo
l’affanno crudel,
ascolta i miei voti,
mi salva pietoso
col figlio lo sposo,
e al duol di quest’alma
soccorri dal Ciel.

(Partono.)

 

Reggia.

 

Scena decima
Zambri

Zambri
Troppo l’ira de’ numi è manifesta.
In quelle orrende note
chi mai legger potrà felici eventi?..
Dal lungo assedio stanche son le genti,
né cessan l’armi Perse
d’assalirci ogni dì... Fremon di sdegno
pei regi prigionieri
i nemici guerrieri...
Crescono a noi d’intorno armi ed armati,
e sangue oggi si versa in queste mura.
Terribile sciagura
minaccia un uom divino: in ogni aspetto
sta dipinto il terror, né trovo un solo,
cui non regni nel cuor spavento e duolo.

 

 

Scena undicesima
Argene e detto

Argene
Deh! tu m’aita, o Zambri; al Re mi guida:
gettarmi ai piedi suoi, pregarlo io voglio
per Ciro, per la tenera consorte
pietà impetrar da lui...

Zambri
Vano desio
tu nutri, o donna... In sé raccolto giace
il mesto Re, né parla altrui, né ascolta.
Tristo, pensoso e nel suo duolo oppresso,
vieta a ognun Baldassare, e a me l’accesso.

Argene
Quanto infelici siam!.. Ma tu non puoi...

Zambri
Nulla poss’io...

Argene
Barbaro!.. E dunque ognuno
fra queste indegne soglie
ha più crudel di tigre il cor nel petto?..
No, che pietoso affetto
degl’infelici il pianto in voi non muove.
Ma verrà forse il giorno,
in cui sdegnati i numi
puniran sì feroci, empi costumi.
Chi disprezza gl’infelici,
chi il suo pianto non ascolta
sa punire il Ciel talvolta
dell’indegna crudeltà.
Cangia aspetto al suo destino,
e infelice il disumano,
chiede altrui pietade invano
se fu sordo alla pietà.
(Partono.)

 

 

Gran piazza di Babilonia. Sulla dritta, sfondo che lascia vedere la reggia di Baldassare;
sulla sinistra arco trionfale, che mette alla porta maggiore della città.

 

 

Scena dodicesima
Arbace con duci e soldati che scortano la famiglia di Ciro al luogo destinato al supplizio; tra i soldati, Ciro ed Amira in catene col figlio, Baldassare e Zambri accompagnati dalle guardie, Argene nell’atteggiamento della maggior tristezza sieguono il convoglio.
Aprendosi le file permettono d’avanzarsi nella scena a Ciro, ad Amira ed al figlio, che restano in mezzo fra Baldassare e Zambri da una parte, Arbace ed Argene dall’altra

Coro
Dunque in oggi i nume irati
voglion tanta crudeltà?..
Infelici... sventurati...
quanto mai ci fan pietà!
Oh delle pene mie, de’ miei contenti,
fin che piacque agli Dei dolce compagna,
giunto è l’amaro istante, in cui conviene
dividerci e morir!.. Morte non teme
quest’alma, no, che ancor a morte innante
serbano gl’innocenti il cor costante;
ma fissandoti in viso...
pensando alla tua fede...
veggendomi la sposa e’l figlio accanto
regger non so, non so frenare il pianto!
(volgendosi con trasporto ad abbracciare il figlio)
T’abbraccio, ti stringo,
mio tenero figlio
col pianto sul ciglio,
coi baci d’amor.
Quel sangue che un giorno
nel sen ti versai,
tu sparger dovrai
dal misero cor.

Baldassare
Che si tarda?

Tutti
Oh quanto affanno!

Ciro
Sì vedrai, crudel tiranno
me, la sposa e’l figlio esangue,
ma innocente è questo sangue,
e dal Ciel vendetta avrà.

Coro
Pur versar dovrà quel sangue,
pur morir, oh Dio, dovrà!

Ciro
Deh! tergi, sposa, alfine
quelle lacrime amare...
Tu mi laceri il cor!.. Se m’ami ancora,
se abborri, quant’io t’amo, il Re nemico,
siam vendicati assai.
S’incontreran di Lete
colà nel guado estremo
dell’amor nostro gli ultimi sospiri;
e si diran contenti
in quel punto crudele:
spira quest’alma, o cara, a te fedele.
E lieto e contento
nel placido Eliso
lo spirto indiviso
beato sarà.
Di morte desio
nell’alma s’accende,
ché grata la rende
la tua fedeltà.

Coro
Qual pietade in sen ci desta
così rara fedeltà.

Baldassare
Ma si vada...

Tutti
Ah! non v’è scampo.
Quanto, oh Dio, quel cor è oppresso!

Ciro
(al figlio ed alla sposa)
A te un bacio... a te un amplesso,
e poi vadasi a morir.

(Il convoglio che scorta la famiglia di Ciro segue la sua marcia verso la sinistra; Baldassare e Zambri seguiti da alcune guardie s’avviano verso la reggia.)

 

 

Reggia.

 

Scena tredicesima
Un sordo rumore di voci e di spade annuncia combattimento e strage: le guardi vanno confusamente fuggendo per la scena,
Zambri in atto di disperazione.

Zambri
Abbia fin l’atra strage, o Dei pietosi!
Mentre in profondo sonno
sta Baldassare, han la città sorpresa
le falangi nemiche... Abbassan l’armi
vinte le nostre schiere... il sangue scorre
dentro la reggia istessa... ahimé! che fia
del Re, di noi?.. In si crudel conflitto
tu ne soccorri, o Ciel, tu ne difendi!
(snuda la spada e va per partire, ma s’incontra in Ciro)

 

 

Scena quattordicesima
Ciro ed Arbace con spada snudata, e seguito di soldati persiani e medi

Ciro
Empio! cedi quel ferro, e a me t’arrendi.

Zambri
E Ciro vive ancor!..

Ciro
Sì: vive, indegno!
Troppo nel ferir lenti
furo i ministri infami
del Re crudel, che omai qui più non regna:
e di tanti delitti il Ciel sdegnato
me soccorse pietoso e lor distrusse;
egli armò le mie schiere, ei mi condusse
a vincere, a ferir... Tu corri, Arbace,
guida i soldati miei. Del Re gli amici,
la famiglia, i congiunti abbiano morte,
né si risparmi il sangue... un Dio m’ispira:
d’un Nume irato la vendetta è questa;
compi i miei cenni, e’l mio trionfo appresta.
(Ciro parte seguito da una porzione di guardie che scortano Zambri; seco lui Arbace con l’altra porzione di guardie va dall’opposta parte.)

 

 

Scena quindicesima
Amira, Argene

Argene
Gioisce alfine, Amira: i voti tuoi
ascoltaron propizi i sommi Dei.
Gli affannosi tormenti
compensano in tal giorno; e un solo istante
rende a te, per mostrar che giusti sono,
e figlio e sposo e libertade e trono.

Amira
Col più devoto cor grazie vi rendo
Numi clementi: son per voi felice
se Ciro è vincitor e salvo è il figlio.
Tu cara Argene il sai,
se in lor sol confidai;
se del tiranno ancora
in faccia al tristo aspetto
sempre sperai dal Ciel pace e conforto.
Ora, diletta Argene,
sarai tu pur d’ogni mia gioia a parte.

 

 

Scena sedicesima
Arbace e dette

Arbace
Di lieto annunzio apportator poss’io
pur rivedervi: Ciro a sé vi chiede
ad abbellire il suo trionfo. Uscito
Dario di Babilonia,
a scorrer la Caldea spinge le schiere:
già son in suo potere
dell’Eufrate le sponde;
e da’ suoi duci invase,
d’Assiria le provincie
cedono l’armi al suo valor guerriero,
ed accrescon potere al vasto impero.

Amira
Oh quanti lieti eventi!..
A te pur grato, Arbace, e alle tue cure
è il nostro cor.

Arbace
Son pago: i miei desiri
volle compiuti il Ciel; ma dimmi, Argene,
sperar poss’io, che dopo tante e tante
prove che omai ti diei di pura fede,
in amor non sarai meco sì fiera?

Argene
Tutto vince virtù, sii fido e spera.

Amira
A Ciro, amici, andiam: clemenza e pace
in lui trovino i vinti; e la memoria
de’ perigli che a noi stavano intorno,
ci renda più gradito un sì bel giorno.
(Partono.)

 

 

Gran piazzo di Babilonia.

 

Scena ultima
Marcia de’ soldati che entrano per l’arco trionfale e precedono il carro su cui stanno Ciro ed Amira, seguito da duci e guardie persiane; Zambri ed altri schiavi babilonesi incatenati sieguono il suo trionfo.

Ciro, Amira, il figlio, Argene, Arbace e Zambri

Coro
Al vincitor clemente
cede l’Assiria il trono:
invoca il suo perdono,
spera da lui pietà.

Ciro
Sento che un dio m’ispira
l’insolito vigore,
per sé di Ciro il core
tanto valor non ha.

Amira
Contenta alfin respira
quest’alma in tant’orrore,
e sposo e figlio al core
tornan felicità.

Zambri
Del Ciel placata è l’ira,
speriam nel vincitore;
grande è di Ciro il core,
felice ognun sarà.

Tutti
Fra lieti evviva e cantici
di questo dì l’onore
ridoni ad ogni core
calma e felicità.

Fine

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