Gioachino Rossini

(1792-1868)

Demetrio e Polibio

(Dramma serio per musica) in 2 Atti è stato eseguito il 18 maggio del 1812 a Roma (Teatro Valle)

Personaggi

Demetrio/Eumene (Tenore), Polibio (Basso), Lisinga (Soprano), Demetrio/Siveno (Contralto), Alcandro (Tenore), Olmira (Soprano); grandi del re e guardie di Polibio, seguaci, soldati, sacerdoti di Demetrio

Libretto di
Vincenzina Viganò Mombelli

Atto Primo

Sala di udienza con trono da un lato.

Scena prima
Grandi del regno, guardie, Polibio e Siveno a’ suoi piedi

Polibio
Mio figlio non sei,
pur figlio ti chiamo,
lo merti, lo bramo
chiamarti così!

Siveno
Son grato al tuo dono:
rammento chi sono,
son figlio infelice,
che vive per te.

Polibio
Sostegno sarai
del regno e di me.

Siveno
Se fido ti amai
lo sai, o mio Re.

Polibio
Ti stringo al mio seno.

Siveno e Polibio
Laccio sì caro,
nodo sì forte
la sola morte
scioglier potrà.

Polibio
Vanne al tempio, o Siveno, e là m’attendi!
Sospiro il dolce istante
di darti del mio amor pegno verace.
Oggi vuo’ che Lisinga
d’indissolubil nodo a te si stringa.

Siveno
Oh gioia! oh dolce dì! Signor, concedi...

Polibio
Alzati, appien m’è nota
l’indole del tuo cor con pari affetto
costante a te sarà questo mio petto.

Siveno
Pien di contento in seno
men volo al caro oggetto,
per te felice appieno
questo mio cor sarà.
Che gioia, che momento!
Il cor brillar mi sento,
di più bramar non so.
(parte)

Scena seconda
Al suono di bellicosa marcia, Eumene si avanza con doni e seguito; Polibio sale sul trono circondato da’ suoi;
un Parto situa il sedile per l’ ambasciatore

Eumene
Il monarca di Siria al Re de’ Parti
invia salute e pace,
e pegno d’amistade in questi doni.
Da me suo messaggiero
tu non sdegnarli, o Sire,
e fa’ del mio signor pago il desire.

Polibio
E perché meco
si generoso il tuo signor? qual merto?...

Eumene
E a chi noto non è del Re de’ Siri
il magnanimo cor? E a te il dovea
più che ad altri mostrar.

Polibio
E perché mai?

Eumene
Per l’alto tuo valor, per tue virtudi,
perché da te brama tal cosa, o Sire,
che gli sta a cuore assai;
né sorprender ti dei;
ma i doni accogli, e ascolta i detti miei.
(siede)

Polibio
Parla.

Eumene
Nella tua reggia
dell’estinto Mintèo trovasi il figlio...

Polibio
E che perciò?

Eumene
Quel giovinetto
troppo caro è al mio Re; di quel Mintèo,
che fin che visse fu delizia sua,
Siveno è figlio, e dell’amato vecchio
questa sola memoria a lui rimane,
e a te coi preghi il chiede.

Polibio
Egli chiede Siven? vana lusinga;
io troppo l’amo, e del mio amore in pegno
porre lo vuo’ di questo trono a parte,
né sarà mai ch’io veggia
allontanar Siven da questa reggia.

Eumene
Ma rifletti che neghi al Re di Siria,
che il mio sovran possente
ciò che ottener non può con dolci inchieste
egli avrà colla forza e col suo brando.

Polibio
Sia pur possente d’armi
il Re de’ Siri; quel de’ Parti ha petto
che non trema a’ perigli
quando il diritto il mova;
ei crede suo Siven, te ingiusto crede.

Eumene
E non ebbe Siven forse i natali
del mio Re nella reggia?

Polibio
E nudrito, ed istrutto
non venne poi nella mio corte?

Eumene
(alzandosi)
Dunque?

Polibio
(alzandosi)
Dunque Siven non cedo;
queste porta al tuo Re libere note,
faccia poi ciò che più gli aggrada e puote.

Eumene
Pensaci, o Sire, e guarda
che non t’abbia a pentir...

Polibio
(scende dal trono)
Ti accheta, audace;
E che? dovrò pentirmi
di mia ragion che si m’assiste e giova?

Eumene
Non assiste ragion i sensi tuoi,
ma ben chiami ragion ciò che tu vuoi.

Polibio
Non cimentar lo sdegno,
che accendi nel mio petto
(tutto mi fa sospetto)
Vanne, ritorna al Re.

Eumene
Parto per or, ma solo
lungi da questo regno;
il tuo rifiuto indegno
fatale a te sarà.

Polibio
Non più, superbo, taci.

Eumene
Avvampo di furor.

Eumene e Polibio
Già serpe nel mio seno
il più crudel veleno
per tormentarmi il cor.

Eumene
Ma pensa ben...

Polibio
Pensai.

Eumene
E l’ira sua?

Polibio
Nol temo.

Eumene
Paventerai, lo spero,
il mio deluso Re.

Eumene e Polibio
Odio, furor, dispetto
io provo in tal cimento;
nel rimirarlo sento
tutte le furie in me.
(partono da lati opposti)

Magnifico tempio con ara, e trono da un lato.

Scena terza
Siveno, sacerdoti e popolo; indi Polibio seguito da Grandi del regno, in fine Lisinga

Siveno
O di Polibio sudditi fedeli,
amati Parti,
la vostra vista oh quanto mi consola!
Voi oggi dunque testimon sarete
delle mie fauste nozze: oh bella sorte!
Lisinga, oh dolce sposa...

Polibio
Figlio.

Siveno
Ah, signore e padre!

Polibio
Diletto figlio, vieni a questo seno.

Siveno
Eccomi, o padre: or son felice appieno.

(Nel mentre che si canta il coro, Polibio sale sul trono)

Coro
Nobil gentil donzella,
in sì ridente giorno
arrida a te d’intorno
pace, riposo, amor.

Lisinga
Deh! fate, amici Dei, che in tal momento
lieta respiri ogn’alma
di gioia, di piacer e di contento.
Alla pompa già m’appresso
or superba di mia sorte
nel vederti a me consorte
coll’amor del genitor.

Polibio
Dell’ara v’appressate, o figli al piede,
eterno qui vi unisca amore e fede.

Lisinga e Siveno
(dinanzi all’ara)
Questo cor ti giura amore,
mia speranza, mio tesoro.
Per te sol, che tanto adoro,
sì, fedel ognor sarò.

Siveno
Caro bene.

Lisinga
Sposo amato...

Lisinga e Siveno
Questo cor ti giura amore,
mia speranza, mio tesoro.
Per te sol, che tanto adoro,
sì, fedel ognor sarò.

Siveno
Sì, mia vita, sarai
sempre com’or tu sei
la delizia, il piacer de’ giorni miei.

Lisinga
E se di questo petto
la pura fé, l’affetto
o scemarsi, o cangiar potessi mai
mi detesti il tuo cor quant’io t’amai.

Polibio
(scendendo dal trono)
Figli non più: felici in questo giorno
alfin voi siete. Io sento
compita la mia gioia in tal momento.

Lisinga
Se per te liena io sono
deggio vivere a te.

Siveno
Indivisi gli affetti
con lei serbo, o signor. M’avrai nel regno
genero, figlio, difensor, sostegno.

Polibio
Ah cari figli...

Lisinga
Padre, sospiri?...

Siveno
Forse pentito sei!

Polibio
No, v’ingannate.
Altra cagion di duol m’agita il seno.

Lisinga
Parla, che mai t’affanna?

Polibio
Demetrio, de’ Siri Re potente,
a me spedì messaggio e ricchi doni,
e mi chiede Siveno...

Siveno
O ciel!

Lisinga
Lo spera invano...

Polibio
E’ questa, o figli, sol del mio dolore
l’aspra cagione che mi strazia il core.

Siveno
No, non temer, sì vil non è Siveno,
io primo l’armi impugnerò.

Lisinga
Nel campo
formidabil sarò con lui ognora,
dolce mi fia per voi la morte ancora.
Sempre teco ognor contenta
t’amerò mia dolce speme.
Stringe amor le mie catene.
Non temer: avrem vittoria
e la Persia esulterà.

Siveno
Sì mio ben, quest’alma amante
per voi sol respirerà.

Polibio
Più fatale e fiero istante
no, di questo non si dà.

Lisinga
(Qual eccesso di tormento
vo soffrendo, oh Dio! nel core.)
Goderemo in sen d’amore
la più gran felicità.

Siveno
(Non turbar si bell’ardore,
giusto cielo, per pietà.)

Polibio
(Sono oppresso dal timore,
vacillando il cor mi va.)

(Parte Lisinga con i Grandi del regno)

Siveno
Che pensi, o padre! e non seguiam Lisigna?

Polibio
Figlio, non sai quanto il mio cor tormenti
di perderti il timor.

Siveno
Deh cessa, o padre,
da sì tristi pensier: di questo giorno
non perturbar la gioia.
E’ giusto il ciel, né di sinistro evento
con noi crudel sarà: ch’anzi difesa
vorrà farsi al mio uopo, e assister pronto
al mio benefattor... lo spero...

Polibio
Ascolti
i nostri voti il Cielo,
e per gaudio comune in dolci modi
renda sempre più saldi i vostri nodi.
(Partono)

Gran piazza con veduta del palazzo reale.

Scena quarta
Eumene con seguito

Coro
Andiamo taciti
a lento passo,
regni il silenzio,
lungi il timor.

Eumene
Amici, omai propizia appieno
mi si mostri la sorte,
e tutto ho già disposto:
servi, custodi, ognuno
mi guadagnai coll’oro,
altro non manca ormai
che unione ed ardire: or ben sentite,
l’opera dividiam; e voi in prima
per questa parte entrate, e voi per quella,
e al limitar delle reali stanze
aspettatemi tutti;
io frattanto co’ miei
attenderò il momento;
il Ciel a noi darà forza e ardimento.
All’alta impresa tutti
andiam con alma forte.
Del vostro Re la sorte
da noi dipenderà.

Coro
Del nostro Re la sorte
il ciel proteggerà.

Eumene
Clemente ciel, che ai miseri
sola speranza sei,
seconda i voti miei,
non farmi palpitar.
Da mille affanni oppressa
l’alma mi sento in petto;
Ah! figlio mio diletto
quanto mi fai penar!

Coro
Il suo verace affetto
quanto lo fa penar!

Eumene
L’ora fatal s’appressa,
compagni non temete;
se fidi a me sarete,
valor trionferà.

Coro
Numi, se giusti siete,
per noi trionferà.
(Partono tutti)

Gabinetto reale con alcova e sofà. Notte.

Scena quinta
Lisinga in atto di riposarsi, indi Eumene da una porta laterale seguito da’ suoi, tutti armati e con faci ardenti

Lisinga
Mi scende sull’alma
un dolce sopore;
io poso; ma il core
posar più non sa.

Eumene
Fermatevi.
Io sol m’inoltrerò. Contento io sono;
il ciel mi porge l’opportuna sorte;
ecco Siven nel sonno immerso; vieni,
mia diletta speranza...

Lisinga
E quale ardir! pietà, soccorso, aita...

Eumene
Ingannato mi son; oh rabbia!
Non sei tu quel che cerco;
ma se non sei Siveno,
vieni meco per lui ostaggio almeno.

Lisinga
Ohimè, crudel, che tenti,
ah vile traditore...

Eumene
Mi segui, o il mio furore
tutto su te cadrà.

Lisinga
Mi lascia.

Eumene
Invan lo speri.

Lisinga
Sposo, tradito sei...

Eumene
Ardir, amici miei...

(Incendiano da varie parti.)

Lisinga
Padre soccorso, oh Dio!
Salvami per pietà.

Siveno e Polibio
(vedendo il passo impedito dal fuoco)
Stelle, che veggio, o Dei,
oh nero tradimento!

Eumene
Or più le furie sento
per lor tu trema ancor.

Lisinga
Barbaro, orror mi fai,
mostro di crudeltà.

Eumene
La pena pagherai
col giusto mio rigor.

Siveno, Polibio e Coro
(crescendo sempre il fuoco)
Ovunque è chiuso il passo,
più scampo a noi non resta.
Numi, che pena è questa,
che notte di terror?

Lisinga ed Eumene
Che fiera angoscia è questa.
mi si divide il cor.

Lisinga
Se voi ancor mi udite,
le voci mie seguite;
il cor mancar mi sento,
io moro... che dolor!
(sviene fra le braccia di Eumene)

Eumene
Si compia; omai venite,
l’ardire mio seguite;
in si fatal cimento
trionfi il mio valor.
(conducendo via Lisinga)

Polibio
Guardie, deh! mi seguite,
da questa parte, udite...
ancor sua voce sento
che lacera il mio cor.

Siveno
Miei fidi, ohimè! sentite!
Non v’è più tempo, udite...
questo è crudel tormento
che lacera il mio cor.

Coro
Tutto ci fa spavento;
ah salvati, signor.

Atto Secondo

Gabinetto reale

Scena prima
Grandi del regno, indi Polibio, poi Siveno

Coro
Ah che la doglia amara
si legge nel suo volto,
in qual periglio è avvolto,
misero genitor!

Polibio
Ove la cara figlia
involata sarà; per ogni intorno
la cerco, e non la trovo;
dove il perfido, oh Dio,
avrà tratta Lisinga?
O figlia mia, o solo mio diletto,
per te mille tormenti io sento in petto.
Come sperar riposo,
dove trovar la figlia?
Di voi chi mi consiglia;
misero, che farò?
Nel rammentar quel perfido
avvampo di furore,
il vile traditore
per le mie man morrà.

Siveno
Venite, o fidi miei,
Lisinga a liberar.

Polibio
L’indegno, ove s’asconde
da te scoperto fu?

Siveno
Tutto m’è noto, o padre.

Polibio
Oh sorte qual momento!
Tutte le furie io sento
per vendicarmi ancor.

Polibio, Siveno e Coro
Si voli dunque a lei;
a noi rendete, o Dei,
Lisinga per pietà.
(partono)

Luoghi remoti poco lungi dalla città.

Scena seconda
Eumene, che conduce Lisinga scortato da’ suoi, indi Siveno e Polibio con loro seguito

Lisinga
Dove vuoi trarmi,
perfido traditor?

Eumene
Alta cagion m’induce
di qui celarti...

Lisinga
Crudel, t’intendo, dal diletto sposo,
dal mio buon genitor strappar mi vuoi,
e trarmi forse...

Eumene
No, non temer; amo Siveno;
e in te la sposa sua
so rispettar.

Lisinga
A lui dunque mi guida.

Eumene
Non lo sperar...

Lisinga
Dunque m’uccidi.

Siveno
(dentro le scene)
Qui s’asconde quell’empio.

Polibio
Ov’è l’indegno? mora.

Lisinga
Deh mi salvate...

Eumene
Miralo, nella destra ha il ferro ancora.
Donami omai Siveno
o le trafiggo il petto.
(in atto di uccidere Lisinga)

Polibio
(prendendo Siveno per mano)
Gl’immergo il ferro in seno,
pria di donarlo a te.

Eumene
Dunque la figlia mora...

Polibio
T’arresta, o qui lo sveno.

Eumene
Crudel, che tenti, oh Dei!

Polibio
L’ira non so frenar.

Lisinga
Passami pure il core,
ma placa il genitore;
tel chiedo per pietà.

Siveno
Passami pure il core,
ma placa il suo furore;
tel chiedo per pietà.

Eumene
(vedendo la medaglia che tiene al collo)
Qual segno, o Dei! mio figlio.

Polibio
Come! suo padre sei?

Eumene
(cambiandosi i figli)
Ecco la figlia tua.
Rendimi il figlio mio.
Giuro amistade e fé.

Polibio ed Eumene
(abbracciando Polibio Lisinga ed Eumene Siveno)
Figlio/a qual gioia io provo,
or che tu salvo/a sei...
più viver non potrei,
caro/a senza di te.

Lisinga e Siveno
Padre, qual gioia provo
or che placato sei!
Più cari i lacci miei
saranno ognor con te.

Eumene
Figlio?

Siveno
Oh Dio!

Lisinga
Siveno a noi ritorna.

Siveno
Lisinga, oh padre amato.

Eumene
Io solo a te son padre.

Lisinga e Siveno
Il/mi diede a me/lei in consorte.

Polibio
A lui son padre e Re.

Eumene
Non più, da lui ti scosta.

Lisinga e Siveno
Deh pensa al tuo periglio.

Polibio
Meco vivrai col figlio!

Eumene
Mai questo non sperar.

Polibio ed Eumene
All’armi, o fidi miei.
D’ira s’accende il petto
la mia vendetta affretto
più non mi so frenar.

(Eumene co’ suoi separano Lisinga da Siveno e partono. Polibio dà delle disposizioni per non essere sorpreso e Siveno s’abbandona sopra un sasso.)

Lisinga e Siveno
Tu mi dividi, o Dei!
dal caro amato oggetto.
Squarciar mi sento il petto,
che barbaro penar!

Scena terza
Eumene e Siveno

Eumene
Vieni, caro, al mio sen.

Siveno
Ov’è Lisinga?
Dov’è il mio Re? dov’è il mio padre?

Eumene
Mi abbraccia, io ti son padre,
e se più certo vuoi
essere del vero che ti dico, o figlio,
(accennando le medaglie che tiene al collo)
fissa su questi segni attento il ciglio.

Siveno
Oh Dio!

Eumene
Sappi che padre tuo non fu Mintèo,
ed io tuo genitor
a lui ti consegnai nel rio tumulto
quando Trifone di Denmetrio il regno
tutto struggere volea.
Per me Mintèo ti trasse di periglio
qual figlio suo; ma pur di me sei figlio.

Siveno
Perdon ti chiedo, o padre,
pietà del mio lamento;
per lor morir mi sento
senza poter morir.

Eumene
Ah! ti consoloa, o figlio,
e tutto spera in me.

Siveno
Se leghi i nostri cuori
sollevi le mie pene,
felice col mio bene
ognor sarò per te.
(Partono.)

 

 

Sala d’udienza con tavolino e sedie.

Scena quarta
Grandi del regno, indi lisinga che si siede in atto di dolore, poi Polibio

Lisinga
Io più sposo non ho, per man d’un empio
egli mi fu rapito;
barbara sorte!
Dammi, o Cielo crudel, dammi la morte.

Polibio
Figlia, fa’ cor, di qua non lungi Eumene
attendato fermossi...

Lisinga
Lascia che io l’armi impugni...

Polibio
Come! giovane donna?...

Lisinga
Lasciami o padre andar, il Cielo rende
forte colui che la ragion difende.

Polibio
Ebben tu mi precedi,
incoraggisci i tuoi; il Cielo aita
conceda a tutti; egli ti renda ardita.
(parte)

Lisinga
Se fidi siete,
se meriti pietà una sventurata
vendicatemi voi; meco vi prega
l’amato padre mio, da mostro infame
sgombrate alfine questo regno; a voi
lo chiede il vostro onore,
il pianto della patria e il mio dolore.
Superbo, ah! tu vedrai
se abbasserai l’orgoglio.
Or vendicar mi voglio,
indegno traditor.

Coro
S’ucciderà...

Lisinga
Lo sposo.

Coro
Ah sì cadrà...

Lisinga
L’altero.
Pietà desti lo sposo,
del mio dolor pietà.

Coro
Per noi non v’è periglio...

Lisinga
Vendetta vi chiedo
son tutta furore;
m’uccide il dolore
mi sento mancar.
Quel mostro, quell’empio
si vada a svenar.

Coro
Si vada, si corra,
si compia lo scempio.
Quel mostro, quell’empio
sapremo svenar.
(Partono.)

Accampamento a vista della città.

Scena quinta
Guardie accampate, Eumene dalla sua tenda, indi Siveno e Lisinga seguita da’ suoi

Eumene
Ove andò? che mai feci!
Dunque partì mio figlio:
Ei sol piangeva nel comun contento.
Lascia, diceva, che a Polibio vada;
di ritornar ti giuro con Lisinga,
o mi vedrai morire a’ piedi tuoi.
Sì crudel non sarà con suo periglio
ch’ei stesso voglia privarmi del figlio.
Ah padre incauto! al pianto suo cedesti.
Ingiustissimi Dei, se mel togliete,
voi alle fure mie lo renderete.
Folle che dico?
Che fo, con chi mi sdegno? il reo son io.
Misero me!... ahi che vacillo, oh Dio.
Lungi dal figlio amato
mi si divide il core,
conforto al mio dolore
di voi chi mi darà?

Coro
Da’ fine al tuo timore,
il figlio tornerà.

Eumene
Amici, a voi son grato,
pietà del mio tormento,
io solo avrò il contento
s’ei fido a noi verrà.

Lisinga e Coro
(guardando dentro le scene)
Eumene scellerato
trafitto al suol cadrà.

Eumene
Stelle! tradito io sono.
Perfido figlio indegno
tu preverai lo sdegno
del cieco mio furor.

Lisinga
Si sveni il traditore...

Siveno
(inginocchiandosi)
Eccoti il petto, il cor.

Lisinga
(le cade il ferro)
Tu stesso mi disarmi?

Siveno
Difendo il padre mio...

Eumene
Or vinto alfin son io
dal tuo figliale amor.
Ah figli miei diletti,
venite a questo seno.
Io vostri dolci affetti
io stesso pagherò.

Lisinga e Siveno
Padre mio, a questi detti
grato il cor ti giura affetto...

Eumene
A Polibio ognun si affretti
i miei sensi a riportar.

Lisinga e Siveno
Se con noi lo stringi al petto
il suo cor giubilerà.

Eumene
Voi sarete, o cari oggetti,
la mia sol felicità.
(parte con Lisinga e Siveno)

Cori
Oh qual gioia, qual diletto
or la Persia/Siria proverà.

Scena sesta
Tutti si pongono in ordinanza per marciare cantando il coro, dopo del quale Eumene, Lisinga e Siveno con essi s’incamminano
verso la città. Rimangono tutti sospesi incontrandosi con Polibio e di lui seguito

Cori
Festosi al Re si vada
ad apportar la pace,
s’accenda ormai la face
per così bella union.

Polibio
Oh Ciel, che miro! Lisinga la figlia
in amistà col rapitor messaggio!

Eumene
Non rapitor son io, non son messaggio.
Ma sotto queste spoglie
in tal mentita guisa
il Monarca di Siria omai ravvisa.

(Siveno cogli Assiri s’inginocchiano formando tutti un quadro generale.)

Polibio
Tu il Monarca?

Lisinga
Del mio Siven tu il padre?

Siveno
Mia Lisinga, qual gioia!

Eumene
Sì, Demetrio son io: timor m’indusse
spoglie a mentir, per riaver il figlio,
dubitando di lui se nato io fossi;
or tutti cari egualmente mi siete;
e se t’è grado
meco d’unirti in amistade eterna,
ogni passato evento
dimentica, o Polibio, e tutto dona
al mio paterno amor. La nostra fede
con più tenaci nodi ora si stringa;
Siven viva felice con Lisinga.

Tutti
Quai moti al cor io sento
di gioia e di contento!
Alfin al sen ti stringo,
oggetto del mio amor.

Cori
Più felice e grato istante
no, di questo non si dà.
D’un amore sì costante
la memoria resterà.

Fine

copyright ItalianOPERA ©