Gaetano Donizetti

(1797-1848)

Gemma di Vergy

Tragedia lirica in 2 Atti di Emanuele Bidéra, in scena a Milano (Teatro alla Scala) il 26 dicembre del 1834

Personaggi

il conte di Vergy (Baritono), Gemma (Soprano), Ida di Gréville (Mezzosoprano), Tamas (Tenore), Guido (Basso), Rolando (Basso); cavalieri, arcieri, damigelle, soldati

ATTO PRIMO

Sala gotica con logge, da cui si scopre il ponte levatoio del castello,
ed in lontananza un tempio al castello attiguo.

Scena prima
Coro di arcieri,
Tamas seduto sopra una pelle di tigre, poi Guido.

GUIDO
Qual guerriero su bruno destriero
varcò il ponte, che cupo suonò?

CORO
Fu Rolando, ci disse un arciero,
che dal sacro Avignone tornò.

GUIDO
Da uno scritto, da un detto or dipende
della misera Gemma il destin.

CORO
Egli vien, già le scale egli ascende.

GUIDO
Forse il nembo a scoppiar è vicin.

Scena seconda
Rolando e detti.

ROLANDO
Guido!

GUIDO
Ebben?

ROLANDO
Il messaggio ha compito.

GUIDO
Gemma!

ROLANDO
Gemma non ha più marito.

TUTTI
Oh, sventura!

ROLANDO
(dando i fogli a Guido)
Del prence il voler
tu le annunzia.

GUIDO
Penoso dover!
Questo sacro augusto stemma
di chi schiude al ciel le porte,
pianto a tutti, e reca a Gemma
duolo eterno e forse morte.
Ah! chi mai per tal sciagura
chi non piange di dolor?
Ripudiata in queste mura
lungi andrà dal suo signor.
Nella stanza, che romita
al dolor dischiude il cielo,
languirà questa avvilita
come un fior che non ha stelo:
mai dell'odio la tempesta,
mai s'accolga nel suo cor,
ché tremenda, ché funesta
è l'offesa dell'amor.

CORO
Qua, Rolando, e narra a noi
l'alte imprese degli eroi:
de' francesi, e degl'inglesi
le battaglie, ed il valor.

ROLANDO
Vidi cose, che ridire
la mia lingua a voi non basta:
de' francesi fremon l'ire:
ma non brando, ma non asta
frena il torbido britanno,
d'ogni danno apportator.
Solo d'Orléans la donzella
argin pone al suo furor.

CORO
Qual prodigio! Una donzella
argin pone al suo furor?
Narra, narra, e di' com'ella
pervenisse a tanto onor!

ROLANDO
Ella è senno, è brando, è duce
per cittadi e per castella;
strage e morte all'anglo adduce:
è cometa che flagella
coll'infausto suo splendor.
Dei francesi ell'è la stella.
Scudo immenso, e difensor.

CORO
Viva d'Orléans la donzella,
nostra speme, e nostro amor.

GUIDO
Una preghiera unanime
per Gemma...

CORO
Ah! si preghiamo.

ROLANDO
(a Tamas)
T'alza infedel.

TAMAS
Che vuoi?

ROLANDO
Non déi pregar con noi!

TAMAS
(s'alza furioso)
Pregate voi? Perché?
Perché Gemma soffra lieta
l'onta infame di un ripudio?
E a qual nume, a qual profeta
può innalzar sua prece il cor?
Lo potreste, allor che il grido
di vendetta accolto fosse
se del vil che la percosse
s'eternasse il disonor.

ROLANDO
Frena, ah! frena il vile accento,
o sei spento, traditor.
(caccia un pugnale)

TAMAS
Su, mi svena; a che t'arresti?
A quel mal che tu mi festi
morte è un bene, che gli affanni
di molt'anni troncar può.
Mi togliesti a un sole ardente,
ai deserti, alle foreste,
perché fossi ognor languente
qui fra nembi, e fra tempeste;
mi togliesti e core, e mente,
patria, nome, e libertà.
(Ma di fiamma onnipossente
arde il core, e niuno il sa)

CORO
La bestemmia del furente
non ascolti il cielo irato!
Guai! se il folgore possente
su quel capo ei scaglierà.

TAMAS
Verrà dì che il saraceno
vendicato appien sarà.
(Ma l'amor che m'arde in seno
nessun uom distruggerà)

CORO
Morte, morte al saraceno;
farlo salvo è crudeltà.

ROLANDO
Lascia, Guido, ch'io possa
vendicare l'oltraggio a cui discese.

TAMAS
Indietro, sciagurati!

ROLANDO
Una parola
se aggiungi

TAMAS
Indietro, o ch'io

ROLANDO
Vile!

GUIDO
T'arresta. Lo punisca Iddio.

Scena terza
Gemma e detti. All'arrivo di Gemma
tutti si arrestano col capo basso.
Tamas colle braccia conserte all'orientale
in attitudine del massimo rispetto.
Gemma guarda tutti con dignità.

GEMMA
(s'accorge del pugnale di Rolando)
Nuove contese!... Oh cielo!
Un ferro sguainato!

ROLANDO
Al saraceno
d'appuntarlo imponea.

GEMMA
(con simulazione)
Comprendo appieno:
riponete quel ferro.

ROLANDO
(gettandolo ai piedi di Tamas)
Infedele, lo prendi
lo affila tu; m'intendi?

TAMAS
A me la cura
lasciane pur.

GEMMA
L'assenza del mio sposo
troppo audaci vi fe'. Pace una volta,
pace almeno fra voi! Guido, ah! non sai
quanto terrore io provo
di guerra al nome. Ahi! Così crudi accenti!
Mi fan (Tanto in me ponno!)
tremar nell'ombre, e trabalzar nel sonno.
Una voce al cor d'intorno
da più dì mi grida guerra!
Fuggi, o Gemma, dal soggiorno
dove pace un dì regnò.
Questo grido il cor mi serra,
tal che piangere non so.

CORO
(fra se)
Come augel nella foresta
presagisce la tempesta,
con quel grido all'infelice
la sciagura favellò.

GEMMA
Questa voce somigliante
a sconvolta onda mugghiante
ahi! dal sonno spaventata
da più notti mi destò.
Me deserta! e sfortunata,
che pensarmi, oh ciel! non so.

CORO
I tuoi mali al cor presago
la sventura palesò.

TAMAS
Nessun sogno a te predisse
ch'oggi torna il tuo signor?

GEMMA
Riede il Conte?

CORO
Ecco Rolando
di tal nuova apportator.

GEMMA
Egli riede? oh, lieto istante,
il mio sposo io rivedrò!
Al mio sen l'eroe, l'amante,
il mio bene abbraccerò.
Parlerà de' suoi trofei,
io d'amor gli parlerò;
cogli amplessi i pianti miei,
la mia gioia io mescerò.
Ite: festeggi ognuno
del mio sposo l'arrivo.
Tutti partono, Guido resta infondo.
Perché, Guido tu resti
simile ad uom che in mente avvolga
un tristo terribile pensier? Parla.

GUIDO
E lo deggio?

GEMMA
Il devi. Ah, Guido! Di', forse in battaglia
fu il consorte ferito?

GUIDO
No, ma tu più non hai... non hai marito.

GEMMA
Oh! che favelli tu? Chi il santo nodo
infrangere potrebbe altri che morte?
Il ciel ci avvinse.

GUIDO
(presentando l'atto del divorzio)
E vi disciolse il cielo.

GEMMA
Un ripudio? Che lessi! Avvampo e gelo!
Ripudiata? Me infelice!
Ripudiarmi? E in che son rea?
Qual mai colpa mi si addice?
Quale oltraggio a lui facea?
Dimmi, o Guido, ch'io deliro,
o ch'io spiro di dolor.

GUIDO
Ei non t'odia; è sol tua colpa,
solo il talamo infecondo:
il destino, ah! sol ne incolpa,
che a ciò trasse il mio signor.
Brama il Conte dare al mondo
di sua stirpe un successor.

GEMMA
E di me che sarà mai?

GUIDO
Fosti al chiostro destinata.

GEMMA
Ah! che Gemma disperata
in quel chiostro morirà.

GUIDO
No, che al cielo, al ciel sacrata,
giorni lieti in Dio vivrà.

GEMMA
Dio pietoso! Ah! tu ben sai
quanto amai lo sconoscente!
Fu il pensier della mia mente,
fu il sospiro del mio cor.

GUIDO
Di te piango; e qual v'ha cuore
che non pianga a un'innocente?
Volgi al cielo il cor, la mente,
là v'è un Dio consolator.

GEMMA
Ed il Conte, il mio consorte?

GUIDO
Déi scordarlo.

GEMMA
E lo potrò?
Obliar l'immenso amore?

GUIDO
Pur lo déi.

GEMMA
Chi cangia un core?

GUIDO
Dio.

GEMMA
Me'l cangi, e ubbidirò!

GUIDO
D'altra il Conte...

GEMMA
(con furore)
D'altra?... Ah no!

Si sente musica militare che annunzia l'arrivo del Conte.

GUIDO
Giunge.

GEMMA
A lui...

GUIDO
Non t'è permesso.

GEMMA
(supplice)
Impedirmi un solo amplesso?

GUIDO
Déi fuggirlo...

GEMMA
Ah! crudeltà.
Perché il Conte scacciami? Perché?
Ripudiarmi, avvilirmi così?
Oh, d'amore crudele mercè!
Ogni bene per Gemma sparì.
Se l'ingrato ti chiede di me
di' all'ingrato che Gemma morì.

GUIDO
Dio, quel core che tutto perdé,
tu consola, tu calma in tal dì:
chi pietade richiese da te
mai deluso da te non partì.

Partono.

Scena quarta
Tamas con pugnale insanguinato.

TAMAS
(volgendosi alla mano che stringe il pugnale)
Dritto al segno vibrasti, io l'ho ferito
là dov'ei mi colpì. Nel mio furore
infino all'elsa glielo immersi in core.
(pianta il pugnale sulla tavola)
Gemma! che sola sei
luce degli occhi miei,
a te serbò la sorte
l'onta dal tuo signor, e a mela morte.
Si odono suoni che annunziano l'arrivo del Conte.
Giunge, o Gemma, il tiranno;
fuggi, vien meco unita;
usciam, tu del castello, ed io di vita.

Parte.

Scena quinta
Coro d'arcieri.

CORO
Lode al forte guerriero, ed onore
del re Carlo all'invitto campione,
delle cento castella al signore,
che l'orgoglio britanno punì.
Venne un turbo dal freddo Albione,
ch'eclissava di Francia la stella;
ma il signor delle cento castella
scese in campo e quel turbo sparì.

Scena sesta
Conte e detti.

CONTE
Qui un pugnale! Chi 'l confisse
a segnal di ria vendetta?
A mio danno la reietta
forse, ah! forse il consacrò.
(prendendolo)
Sangue! Ah! Gemmasi trafisse?
(spaventato)
Guido!... Anch'ei m'abbandonò?
(cade su una sedia)
Ah! nel cuor mi suona un grido,
che mi accusa, che mi dice,
cadde estinta l'infelice,
e il consorte la svenò.
Al mio duol soccorri, o Guido...
Guido, anch'ei mi abbandonò.

CORO
Noi veniamo a te d'incontro,
Guido sol saperlo può.

Scena settima
Guido e detti.

CONTE
Guido! Io tremo!... Questo sangue?
Dimmi, Gemma è morta?

GUIDO
(freddamente)
No.

TUTTI
(con gioia) No?

CONTE
Ah! la vita già fuggita
nel mio seno ritornò.

CORO
Ah! la vita già fuggita
nel suo seno ritornò.

CONTE
Di chi è dunque?

GUIDO
(con dolore)
Di Rolando.

CONTE
Chi l'uccise? Come? Quando?

GUIDO
Tamas, disse, e poi spirò.

CONTE
Ch'ei non fugga: del castello
custodite sien le porte:
l'assassin fra le ritorte
trascinate al suo signor.
A mie nozze inaugurate
quali auspici di terror!

CORO
Sul reo capo pende morte,
ei fia sacro al tuo furor.
Strascinato fra ritorte
fia lo schiavo traditor.

CONTE
Un fatal presentimento
in quel sangue io veggo scritto:
del rimorso lo spavento
agghiacciare il sen mi fa.
Io di Gemma ho il cor trafitto,
e rea pena il ciel men dà.

CORO
Grave, estremo fu il delitto,
pena estrema il vil ne avrà.

CONTE
Abbia tomba Rolando. Oh, mio fedele,
prode scudiero mio! Parlami, Guido,
la misera che fe'?

Arcieri partono.

GUIDO
Che far potea
la sventurata?

CONTE
Narrami, piangea
in lasciar queste mura?

GUIDO
Ella qui stassi ancor.

CONTE
(spaventato)
In queste soglie
la prima sposa, e la novella moglie?
(sdegnato)
Così il cenno eseguisti?

GUIDO
Solo quest'oggi giunse
noi Rolando.

CONTE
Ah! fa' che tosto parta
questa donna infelice, e perigliosa.
L'altra attendo fra poco...

GUIDO
Un'altra sposa?
Perdona, e di': dal punitor rimorso
chi assolver ti potrà?

CONTE
Mille ragioni,
e l'infecondo nodo,
necessità d'un successor, l'espresso
voler del re.

GUIDO
Vi aggiungi, e sta se il puoi,
dal non fremerne in core,
altra ragion più forte.

CONTE
E quale?

GUIDO
Amore.

CONTE
Oh, va! Fa', ch'ella parta, e che non sappia
del suo schiavo fedel qual sia la sorte.

GUIDO
Ti ricorda, signor, nel giudicarlo,
ch'egli orfano, straniero,
senza difesa è qui.

CONTE
Son cavaliero.

Partono.
Sala di giustizia.

Scena ottava
Coro d'arcieri, Tamas e Guido.

CORO I
Assassino che il ferro immergesti
in quel cor, che giammai non tradì.
Morir devi, gl'istanti son questi
che t'avanzan dell'ultimo dì.

CORO II
Il supplizio all'infame s'appresti,
che da vile quel prode ferì.

TAMAS
Sciagurati! cessate...

GUIDO
Silenzio!
Ecco giunge il signor di Vergy.

Scena nona
Il Conte e detti.

CONTE
È questo, su cui siedo,
degli avi miei l'ereditato seggio.
A noi die' Carlo Magno
di suprema giustizia immune il dritto.
Ora di gran delitto
giudicare dobbiamo. Il reo s'avanzi.
Infido saraceno!
Alla mortal contesa, onde uccidesti
il mio prode scudier, qual fu cagione?

TAMAS
L'odio, che per dieci anni
m'arse sepolto in seno.
Odio sai tu che sia
d'un arabo nel cor? Inferno è l'odio
che dissipato è a stento
col sangue vil dell'inimico spento.

CONTE
Onde di tanta rabbia in te sorgente?

TAMAS
Ei mi ferì, mi tolse
e padre, e libertà.

CONTE
Né volger d'anni
così atroce pensiero
cancellò dalla mente?

TAMAS
Arabo io sono e l'ebbi ognor presente.
La vista di quel crudo
fu supplizio per me. A quell'aspetto
mi tornava al pensiero
la libertà rapita,
il padre, e la ferita,
il luogo dov'io nacqui,
il deserto, le selve, e pur mi tacqui.
Del suo, del viver mio l'ora suprema
oggi segnò il destin. Osò l'audace
provocar l'ira mia, trafitto ei giace.

CONTE
Ne' barbari tuoi modi
il tuo stesso furor mi fa pietade.
Lascia queste contrade,
torna ne' tuoi deserti. Ecco dell'oro.
Parti.
(gli getta una borsa)

TAMAS
Partir non posso.

CONTE
(sorpreso)
Questi luoghi lasciar che tu detesti
perché non vuoi?

TAMAS
Vuole il destin ch'io resti.

CONTE
Che mai qui ti trattiene?

TAMAS
Il mio destino.

CONTE
Favella.

TAMAS
mio segreto.

CONTE
Io l'indovino.
A novella vendetta hai tu serbato
il pugnal che s'offerse a' sguardi miei.
Un altro uccider brami.

TAMAS
E quel tu sei.

CONTE
(s'alza con impeto)
Tigre uscito dal deserto,
d'uman sangue sitibondo,
tu morrai, ché più non merti
né clemenza, né pietà.
(agli arcieri)
Strascinate il furibondo
dove morte, e infamia avrà.

TAMAS
Libertà mi diede, e vita
nell'Arabia, un Dio possente,
tu mi uccidi, e pria rapita
mi hai, fellon, la libertà.
La bestemmia del morente
il tuo nome infamerà.

CONTE
Sia quel reo sospeso allaccio.

TAMAS
Assassini! A questo braccio...
(prende un ferro da un arciero)

TUTTI
Morte!

TAMAS
(per uccidersi)
Io libero morrò.

Scena ultima Damigelle, Gemma e detti.

DAMIGELLE
(uscendo da una porta)
Grazia!

CORO
Morte!

DAMIGELLE
Grazia!

TAMAS
No.

GEMMA
Vivi.

CONTE e ARCIERI
Gemma!

TAMAS
Ah! sì: vivrò.
(Un suo sguardo, ed un suo detto
questo braccio disarmò.
Fuggì l'ira dal mio petto,
e l'amor vi ritornò)

GEMMA
(Ciel, da te sia benedetto
quando a dirgli imprenderò:
tu riaccendi nel mio petto
quell'amor che mi giurò)

CONTE
(Ah! di Gemma il mesto aspetto
sostener com'io potrò!
Cento affetti in un affetto!
quì la sorte combinò)

GUIDO e CORO
Dio di pace, in questo tetto,
dove amore un dì regnò,
fa che torni quell'affetto
che discordia allontanò!

GEMMA
Mio signor, non più mio sposo
se la morte a me giurasti,
una vittima ti basti,
due svenarne è crudeltà.
Salva Tamas.

CONTE
Ei vivrà.

TAMAS
(Per me prega l'infelice
non per lei)

CONTE
(a Tamas)
Va', ti perdono.
(a Gemma)
Benché la vita ei più non merti,
salvo ei sia, giacché il bramasti:
di sua vita a te fo dono,
e un addio...
(per partire)

GEMMA
Se un dì mi amasti,
se, crudele, or non mi sprezzi,
deh! mi ascolta.

CONTE
E che dir vuoi?

GEMMA
Che una sposa oggi tu sprezzi,
e fai onta a' dritti suoi.

CONTE
Fu destino.

GEMMA
Hai tu deciso?
Dunque è ver?

CONTE
Date diviso
mi ha fatal necessità.

TAMAS
(Cor di smalto)

TUTTI
Oh, crudeltà!

GEMMA
E l'anello coniugale,
e l'altare, e il sì fatale,
e quel nume che invocasti,
tutto, di', tutto scordasti?
Tutto?

CONTE
Tutto omai finì.

GEMMA
Conte! ah! no, non dir così.
(si getta ai piedi del Conte)

TAMAS
(Sconoscenza!)

CORO e GUIDO
(Infausto dì!)
Il Conte la rialza.

GEMMA
Di' ch'io vada in Palestina
scalza il piede a sciorre un voto;
non vi è lido sì remoto
dove Gemma non andrà.
Ah, non far ch'io maledica
questo sol, per mia sventura,
che feconda la natura
e che sterile mi fa.

TAMAS
(Non si scuote, non si piega
come scoglio in mare ei stà)

GUIDO e ARCIERI
Per la misera, che prega,
non ha senso, né pietà.

CONTE
(Mai non parve agli occhi miei
così bella ed innocente,
io calpesto, sconoscente,
l'innocenza e la beltà)
Basta, o Gemma... ah! ch'io non posso...

GEMMA
(gridando con gioia e baciandogli la mano)
Parla... dimmi... ah! sei commosso?
Una lagrima amorosa
sulla mano mi piombò.

TUTTI
Quella lagrima pietosa
scese, e Gemma trionfò.

Suoni lontani.

GUIDO
Ma qual suon?

CONTE
(per partire)
Ah! la mia sposa.

TUTTI
La sua sposa!... Oh, tristo evento,
che la gioia dissipò!

GEMMA
Fui tradita, ah, disleale!
D'ogni dritto insultatore!
Vil spergiuro, il mio furore
oggi apprendi a paventar!
Nel mio cor dal tuo sprezzato,
la vendetta ha sede e regno,
dalle furie del mio sdegno
nessun dio ti può salvar.

CONTE
Ma non cangia, o sciagurata,
vano sdegno, e vil lamento:
io disprezzo, e non pavento
il tuo vano minacciar.
Vanne alfin, né sia destata
l'ira ond'io già colmo ho il petto.
Un tuo sguardo, un moto, un detto
la potrebbe suscitar.

TAMAS
(Una furia ho nella mente,
un demonio che mi grida,
ch'io l'atterri, e l'empio uccida,
tanto oltraggio a vendicar.
Oh, infelice! I tuoi bei giorni
fur consunti, fur distrutti:
avvilita, e in odio a tutti
solo a me ti puoi fidar)

GUIDO e CORI
Dall'abisso uscì la fiamma
fu discordia che l'accese,
quì scoppiò di rie contese
nuovo inferno a suscitar.

ATTO SECONDO

Sala come alla scena prima dell'Atto primo.

Scena prima
Coro di cavalieri e di damigelle che ricevono Ida.

DAMIGELLE
Come luna, che al tramonto
lascia il cielo in notte oscura,
Gemma usciva, e queste mura
lasciò al pianto ed al dolor.
Ma tu giungi, e al par del sole
ne discacci ogni squallor.

CAVALIERI
Come sol, che selve e monti
al suo nascer tutto abbella,
giungi tu, del sol più bella,
e discacci ogni squallor.

IDA
Mi suonan pianto così mesti accenti.
Cessate, deh! cessate; la mia gioia
per voi non si confonda
dell'espulsa infeconda
col misero destino. Assai per essa
il cor mi palpitò.

CORO
Vergy s'appressa.

Scena seconda
Il Conte seguito da cavalieri e detti.

CONTE
Ida, diletta sposa! Oh! dimmi ancora
che al sen ti stringa, e che da te pur oda
siccome all'amor mio, l'amor risponda
che a me ti stringe.

IDA
Immensamente io t'amo,
sin da quel dì che a' sguardi miei t'offerse
quel Dio che a te mi lega, e il nostro nodo
benedirà. Ti vidi ne' tornei,
in Arles nelle feste, e da quel giorno
cosa di ciel mi sei. T'amo, sì, t'amo
quanto un cor mai lo possa.

CONTE
(l'abbraccia con affezione)
Alcun riposo
dal cammin lungo or prendi, e voi fedeli,
(alle damigelle)
voi la scorgete in più tranquilla stanza.
In breve io ti raggiungo.

IDA
Ah! sì, t'affretta;
di pace ha d'uopo, e da te il cor l'aspetta.

Parte con damigelle accompagnata dal Conte.

CONTE
Congiunti, cavalier qui senza fasto
all'imeneo novello
testimoni vi chiesi. Ogni splendore
fora insulto al dolore
della reietta.

Scena terza
Guido e detti.

CONTE
Oh, Guido! Ancor qui sei,
né t'affrettasti?...

GUIDO
Ingombre eran le vie
d'accorrenti al castello, e stimai quindi
non esporre al periglio
del dileggio comun quella infelice:
e se di Gemma ancor parlar qui lice...

CONTE
Che chiedi? parla...

GUIDO
Il pegno di tua fede
per me ti rende, e lagrimando disse:
torna al mio sposo, ah! torna
questo anello nuzial, digli che lieto
non egli andrà del suo novello Imene:
che il suon delle mie pene
come stridor di folgore
dovunque il seguirà: ch'io l'amo ancora
come un tempo l'amai, che ancor l'adoro;
ma che...

CONTE
Deh! taci... o qui d'affanno io moro.
Ecco il pegno ch'io le porsi!...
Pegno, o Dio! d'eterna fede!
Io l'infransi... Oh! ria mercede
al suo fido intenso amor!
Quanti sveglia in me rimorsi
questo muto accusator!
Deh! per sempre a me tu cela,
dolce amico, il triste anello
luce infausta vien da quello
al mio sguardo, ed al mio cor,
qual di face che altrui svela
d'una tomba lo squallor.

GUIDO
Ti renda Dio propizio
padre di cara prole,
e in quella prole ai posteri
il genitor vivrà.

CONTE
Questa soave immagine
calma i miei spirti, e parmi
veder sereno splendere
il tempo che verrà.
Se il ciel consente arridermi,
se padre udrò chiamarmi,
un giorno di letizia
il viver mio sarà.

GUIDO
Gemma infelice! un raggio
per te vibrava il sole,
ma di più dense tenebre
s'è ricoperto già.

Partono tutti.

Atrio che mette in un delizioso giardino.

Scena quarta
Ida e damigelle.

CORO
Vieni, o bella, e ti ristora
nell'idea de' tuoi piacer.
Sien più belli dell'aurora
i novelli tuoi pensier.

IDA
A voi grata pur son, dilette amiche.
Sola io chieggo restar; ite per poco.
(il Coro parte)
Dolce l'aura qui spira, ameno è il loco:
qui del lungo cammino
(siede)
riposo avrò! Quale del mio destino,
qual la meta sarà?

Scena quinta
Gemma esce con precauzione non veduta da Ida.

GEMMA
(La mia rivale!)

IDA
(Incerta io son!)

GEMMA
(Parla fra sé! Che dice?)

IDA
(Ida, sarai felice?)

GEMMA
(Quanto è misera Gemma)

IDA
(Gli è ver che il Conte m'ama!..)

GEMMA
(Ei l'ama? Oh, gelosia!)

IDA
(Ma un'altra amava un dì)

GEMMA
(sospirando)
Purtroppo! Oh Dio!

IDA
Chi è mai? Ah! che vegg'io?

GEMMA
Io fui di Gemma ancella.

IDA
(con sorpresa)
Di Gemma?

GEMMA
(In Arles... mi ricordo. È quella!)

IDA
(con contegno)
Tra le altre te non vidi.

GEMMA
Qui mi ritenne il pianto.

IDA
Questo lugubre ammanto, oggi contrasta
splendor della mia corte.

GEMMA
E questa
convenevole vesta al nero stato
del dolente mio core.

IDA
Io mal vi reggo:
se ami la tua signora,
va’, la raggiungi.

GEMMA
(con mistero)
Non è tempo ancora.

IDA
(turbatissima)
Qual mai sospetto, o cielo!
Uscir da queste soglie
a te chi vieta?

GEMMA
Di Vergy la moglie.
(Ida per fuggire, Gemma la raggiunge, l'afferra
per un braccio, la strascina innanzi con tutta la
rabbia, e dice sotto voce:)
Non fuggir che invano il tenti,
rea cagion de' mali miei:
d'Arles tu più non rammenti
quelle feste e quei tornei?
Né tu ignori, o seduttrice?
Questo è il guardo che ora rende
te beata, me infelice,
e il mio sposo un traditor.

IDA
(con rabbia)
Quale affronto?

GEMMA
A te dovuto.

IDA
(con voce alta)
Io punirti...

GEMMA
(con pugnale)
Taci.

IDA
Aiuto!
Conte!

GEMMA
Taci.

IDA
Ah!

GEMMA
Taci, o ch'io

Scena sesta
Conte e detti.

CONTE
(con terrore)
Gemma!!!

GEMMA
(con fermezza)
Indietro!

CONTE
Ferma!!!

IDA
Oh Dio!

Il Conte preso dall'ira snuda la spada
per avventarsi a Gemma.

GEMMA
Se ti avanzi io qui la uccido.

CONTE
Questo ferro...

GEMMA
Un passo, un grido
è a lei morte...

CONTE
Ah no!!!

IDA
(piangendo)
Pietà!

CONTE
Ecco io cedo al tuo comando,
parla, imponi.

GEMMA
A terra il brando.

CONTE
(getta la spada)
Questo braccio inerme è già.

GEMMA
È dessa in mio potere,
e in questa mano è morte:
alla ragion del forte
ciascuno obbedirà.

CONTE
Ti ubbidirò, crudele!
Placa lo sdegno intanto:
(indicando Ida)
disarmi almen quel pianto
cotanta crudeltà.

IDA
Morte dagli occhi spira...
Se non m'aita il cielo,
nel sangue mio quell'ira
la cruda spegnerà.

GEMMA
Odi me, iniquo.

CONTE
Io taccio.

GEMMA
L'indissolubil laccio
sciolto dal ciel dicesti,
tu libertà mi desti,
e torno a libertà.

CONTE
Libera sei.

GEMMA
(Spergiuro!)
Altrui la mano e il core darò.

CONTE
Sì.

GEMMA
(Traditore!)
Al mio fratel tu scrivi
che venga e mi riprenda.

CONTE
Sì, scrivo...

GEMMA
(O gelosia!)
Mallevador chi fia
di tue promesse?

CONTE
Onore...

GEMMA
Mallevador migliore
nelle mie mani or sta,
sien chiuse queste porte,
e su costei stia morte
garante del tuo giuro.
Or esci.

IDA
Ah no...

CONTE
Tu... vuoi?

IDA
Morir su gli occhi tuoi,
ch'io possa almen.

CONTE
Me uccidi
ma lei risparmia!... lei!!!

GEMMA
Tanto tu l'ami?

CONTE
Ah, Ida!

GEMMA
La morte dell'infida,
la morte tua sarà.

Scena settima
Tamas e detti. Tamas, senza essere veduto,
disarma Gemma, Ida abbraccia il Conte.

GEMMA
Quella man che disarmasti
ti die' vita, o schiavo ingrato;
la tua destra, o sciagurato,
la vendetta or mi rapì.
Nel piacer de' vostri amplessi
vi percuota un Dio sdegnato,
come il ciel d'averti amato
mi percosse, mi punì.

TAMAS
Nel rimorso dell'infido
forse lieta un dì sarai,
nella pena esulterai.
Di quel vil che ti tradì.
Fuggi, fuggi: omai t'invola!
Vieni, usciam da queste porte,
qui ove regna infamia e morte,
fin di luce è muto il dì.

CONTE
Oh qual gioia! A queste braccia
ti ritorna amor pietoso,
sì, l'amor che del tuo sposo
vide il pianto, e il prego udì;
or ti calma, or t'assicura,
che son tuo, che mia sarai.
Vieni all'ara, è tempo omai
di punir la rea così.

IDA
Ah! se mio, se tua son io,
ogni affanno è già svanito.
Ci congiunga il sacro rito
come amor nostr'alme unì.

Partono.

Sala gotica con finestre. È notte.
Lampada nel mezzo.

Scena ottava
Cavalieri, Damigelle, il Conte ed Ida che scendono
al tempio.

DAMIGELLE
D'Ida è pari la beltà
dell'aprile al più bel dì.

CAVALIERI
Cavalier, Francia non ha
che s'agguagli al gran Vergy.

TUTTI
Se l'imene annoderà
quei due cor che amore unì
il valore e la beltà
fian congiunti oggi così.

Partono.

Scena nona
Gemma sola esce sospettosa e si ferma sulla porta.

GEMMA
Tutto tace d'intorno e sol rischiara
dalla notturna face un debol raggio
queste negre pareti.
Per me che divenisti
castello di Vergy? Ma vien lo schiavo
che tradir mi poté.

Scena decima
Tamas e detta.

TAMAS
Gemma.

GEMMA
(per partire)
(Si eviti)

TAMAS
(Che Gemma m'abborrisca, io no, non merto)

GEMMA
Mal genio del deserto
puoi chieder da me?

TAMAS
(con mistero)
Gemma, fuggiamo.

GEMMA
Fuggir! Dov'è quell'empio?

TAMAS
A giurar nuova fede ei mosse al tempio.

GEMMA
Al tempio! Ah no, tu menti.

TAMAS
Gl'inni al tuo Dio non senti?
(strascinandola al verone)
T'appressa e mira...

GEMMA
Tamas tu mentisci.

TAMAS
Mira! Dischiuso è il tempio... impallidisci.

GEMMA
(colpita)
Non è ver: non è quel tempio
schiuso a rito nuziale.
Non può a Dio, non può quell'empio
nuovo giuro profferir.
Ogni sposa al sì fatale
si vedrebbe inorridir.

TAMAS
Che più speri. II nodo è infranto
ardon già novelle tede:
non d'affanno, non di pianto:
tempo è questo di fuggir.
Se a te stessa non dai fede
è delirio il tuo martir.

GEMMA
Ah! voliamo a rovesciare
quell'altare.
(per avviarsi)

TAMAS
(trattenendola)
Quegli amori
han per tempio l'universo,
are ardenti son quei cori...
Chi li spenge? Chi li atterra?

GEMMA
Cielo e inferno or mi fan guerra
che farai tu, Gemma, intanto?

TAMAS
Ora è questa non di pianto
questa è l'ora...

GEMMA
(disperatissima)
Di morir.
Me tu svena e poi mi lascia
corpo esangue in queste soglie:
vegga l'empio e la rea moglie,
quanto amor s'accolse in me.

TAMAS
(amoroso)
Io svenarti? A fuoco lento
arder pria le man vorrei:
cento vite avessi e cento,
mille morti affronterei:
questo cor tu non conosci,
se la morte chiedi a me.

GEMMA
(disperata)
Qual consiglio!

TAMAS
Un solo.

GEMMA
E quale?

TAMAS
Questo istante è a te fatale:
l'ora è questa...
(come in atto dipartire)

GEMMA
(inorridita)
Di fuggir?
Sì, fuggiam...

TAMAS
Doman.

GEMMA
Domani?
Oh! domani io sarò morta!
Gelosia mi strazia a brani!
Tu m'adduci, tu mi scorta.
Morte son qui le dimore...
Tu non sai che cosa è amore.

TAMAS
Io? Deh! taci...

GEMMA
Ah! mai geloso
tu non fosti?

TAMAS
Io? Taci... in petto
ho l'inferno.

GEMMA
Ah! sii pietoso,
se non parto, se qui resto
disperata morirò!

TAMAS
Taci, parto; lo schiavo fedele
le tue furie già sente nel seno:
un ignoto destino crudele
già governa la mente ed il cor.
Le mie vene tutte arde un veleno
tutto avvampo di un nuovo furor.

GEMMA
Va', ti attendo: seguirti s'io pieghi
tu per forza mi strappa, mi traggi:
pianti, smanie, comandi, né preghi,
a pietà non ti muovino allor.
Tu m'invola del crudo agli oltraggi,
e, se resto, tu svenami ancor.

Tamas parte.

Scena undicesima
Gemma.

GEMMA
(sola)
Eccomi sola alfine.
Invan richiamo nel fatal periglio
le potenze dell'alma a mio consiglio.
Dunque partir dovrò? Ma già cessano
i cantici divini: ora si geme
sommessa prece, e noi preghiamo insieme.
Da quel tempio fuggite,
angioli tutti, voi! terra, spalanca
le voragini tue: questi empi inghiotti,
e l'intero castello, e me con essi.
Ciel, se tu non parteggi
con chi mi spenge, la mia prece ascolta.
Ahi! che mai dissi! Ah!, stolta:
tronca la rea favella.
La bestemmia sul labbro, o ciel, suggella.
Colpi di cannone annunziano compito il rito nuziale.
Gemma resta immobile e s'incrocia le braccia
rassegnata in atto di adorazione.
Ecco, tutto è finito
egli più mio non è. Cielo! ove sono!
(rientrando in se)
Tamas! Ah! sono queste
le pareti funeste
dell'odiato castello, oppur le mura
son del chiostro vicino? Io vaneggiai!...
Una calma succede al furor mio...
Non è più di Vergy, Gemma è di Dio.
Un altare ed una benda
(s'inginocchia)
fian mia cura insino a morte;
vivi, o Conte, e lieto renda
te di prole la consorte:
vivi, oh vivi! e più di Gemma
non ti turbi rio pensier.
O giusto Dio! Che sento?
Suono di pianto a me trasporta il vento.
Il Conte!!! O ciel... ritratto
la mia prece infernale!

Scena dodicesima
Guido, Ida, cavalieri, damigelle, arcieri con
fiaccole, e detta.

GUIDO
Oh, rio misfatto!

GEMMA
Vergy! Vergy? Gran Dio!

GUIDO
Gemma!!!

IDA
Il consorte!

GEMMA
Che avvenne al Conte?

GUIDO
Morte.

GEMMA
M'inghiotti, o terra! Come?

GUIDO
Ei da Tamas ferito...

GEMMA
Ah! traditor... (Dov'è?)

Scena ultima
Coro d'arcieri che vogliono arrestare Tamas.
Coro di damigelle.

TAMAS
(svincolandosi da tutti, getta a terra il pugnale
a Gemma)
Spento è il marito.

GEMMA
Ah vil! Ah, scellerato!
Chi te sedusse?

TAMAS
Il tuo,
il mio furor.

GEMMA
Spietato!

TAMAS
Altro poter più forte...
Amor per Gemma.

TUTTI
Amore?

GEMMA
Oh infame!

ARCIERI
Morte!

TAMAS
Deciso è il mio destino:
ti vendicai, morrò.
(si svena)

TUTTI
Ah! quale orrore! Il cielo
così si vendicò.

GEMMA
Chi mi accusa, chi mi grida
moglie infame, parricida?...
Non è ver, sono innocente,
l'adorai, l'adoro ancor.
Di quel sangue, ah! non son rea,
io fuggir, morir volea
ma di me fu più possente
il destin persecutor.
Deh! mi salva, o ciel clemente,
disperato è il mio dolor.

CORO
Al castel della sciagura
nieghi il sole il suo splendor.
Ah! ricuopra queste mura
notte eterna, eterno orrore.

FINE

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