Metastasio abbandonò la poesia

Napoli, Facoltà di giurisprudenza
Napoli, Facoltà di giurisprudenza

Dopo il suo ritorno a Roma, quando aveva 16 o 17 anni, Metastasio decise di intraprendere la carriera Ecclesiastica. Quella era compatibile con la professione di avvocato, alla quale lo aveva destinato il suo Maestro Gravina. E così Metastasio si vestì da Abate, e quell’abito l’usò poi sempre fino alla morte. Prese la prima tonsura, e i quattro Ordini minori, senza aver l’intenzione di farsi sacerdote. Tanto più, ch’egli si era dedicato totalmente alla poesia drammatica. La scelta di farsi religioso non fu per lui infruttifera. Otterrà infatti dalla Pontificia munificenza una pensione annua di 300 scudi.


Nell’anno 1718, il 6 di gennaio, Vincenzo Gravina morì all’età di 35 anni. Egli venne a mancare dopo una brevissìma malattia. Fu un indicibile cordoglio per il suo allievo. Da Metastasio Gravina fu sempre amato per giusto titolo di gratitudine e di riconoscenza. Gravina aveva fatto testamento circa un anno prima della morte. E nelle sue disposizioni diede le ultime riprove del suo affetto verso Metastasio, dichiarandolo suo unico erede.


Pietro fu molto provato dalla morte del suo diletto Maestro, cui tanto dovea. L’aveva istruito con indefessa fatica, e ora dopo la morte gli garantiva uno stato di agiatezza. Lasciandogli una fortuna, gli evitava di dover tornare alla condizione di povertà della sua casa paterna, e gli consentiva di continuare i suoi studi.


Di questo dolore, e di questa sua riconoscenza verso l’insigne Maeftro, Metastasio diede sempre prova. Non solo con gli amici a parole, ma in tutte le sue lettere, quando gli capitava di parlare del Gravina. In Adunanza pubblica d’Arcadia, Metastasio diede una chiara testimonianza del suo affetto, e della gratitudine, recitando con plauso universale il Sogno in terze rime. Il testo si trova stampato nelle sue Poesie Liriche, intitolato La Strada della Gloria. Lì Metastasio allude alla direzione che Gravina intese fargli prendere.


L’eredità che pervenne a Metastasio tutta insìeme fu valutata sopra i quindicimila scudi romani. Questo pose Pietro in uno stato da poter vivere comodamente, e poter continuare gli studi legali. Ma la naturale, e veemente sua inclinazione per la poesia, lo convinse in principio ad abbandonare ogni altro interesse. Si mise perciò a frequentare assiduamente l’ Arcadia, e le altre Accademie, ove era iscritto. In esse ricevette grandi applausi, e si rese celebre con i suoi componimenti.


Gli applausi, infruttifera ricompensa dei poeti, lo infervorarono sempre più nella poesia. Fece amicizie con giovani suoi coetanei, essendo egli d’umore gaio e brillante. Si mise a frequentare le oneste conversazioni, ov’era ammesso con piacere. Si concesse tutti i piacevoli divertimenti dei teatri, dei festini, e delle villeggiature. Sperava ciò non ostante di ottenere
qualche collocamento in Roma, grazie anche alla protezione di alcuni illustri personaggi. La condotta da lui allora tenuta non era adatta a ottenere quegli intenti. Perciò si accorse finalmente del suo errore, e
del tempo buttato via che avrebbe potuto utilmente impiegare. Riprese quindi a stiudiare legge, la quale gli avrebbe potuto dare quella sicurezza che allora gli mancava e che non potea sperare dal Parnaso.


Seriamente pensando ai casi suoi, prese quindi la risoluzione di abbandonare la poesia e di dedicarsi totalmente e di proposito alla giurisprudenza. Metastasio volle per questo lasciare Roma e trasferirsi a Napoli, capitale della musica, centro internazionale della cultura e degli studi.


(Per approfondimenti visita il sito ufficiale della Fondazione Metastasio: http://www.pietrometastasio.com)


Mozart e Metastasio

Per i rapporti tra Mozart e Metastasio vedi https://www.mozartlacadutadeglidei.it/i-libri/

I capitoli precedenti sulla vita di Pietro Metastasio cominciano da qui.


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