I primi #partimenti conosciuti, d’origine romana, sono anonimi e risalgono al 1696, mentre il primo autore di partimenti che ci è noto è Bernardo Pasquini, originario di Lucca ma attivo a Roma assieme a Arcangelo Corelli.

Dal 1680 circa al 1730, Roma fu al centro d’una rivoluzione anche musicale, cosiddetta arcade, e la #ScuolaRomana conobbe un periodo di splendore con i mecenati Cristina di Svezia, i cardinali Benedetto Pamphili e Pietro Ottoboni, il principe Francesco Maria Ruspoli, che coltivarono la letteratura, le arti e la musica in particolare. Pasquini e Scarlatti guidarono questa rivoluzione, sotto le ali protettrici di Cristina di Svezia. La sua Accademia, dopo la morte avvenuta nel 1689, si trasformò in Accademia d’Arcadia.

Pasquini non fu certo il primo ad aver impiegato i partimenti, ma fu probabilmente lui ad averne intuito il potenziale didattico. Dovette quindi esercitare un’influenza notevole su Alessandro Scarlatti e Francesco Durante, quest’ultimo suo allievo a Roma. I due Maestri ebbero un’importanza determinante nella formazione della #ScuolaNapoletana; Scarlatti anzi ne è considerato il fondatore.

Scarlatti, quando nel 1715 dovette lasciare Roma, scrisse un libro di partimenti da portare con sé a Napoli probabilmente per adottarlo come manuale d’esercizi di improvvisazione musicale. I #partimenti furono quindi alla base dello studio dei Conservatori napoletani, istituti che a Roma allora non c’erano. I canovacci d’improvvisazione, o partimenti, furono in uso anche nelle chiese romane, e ovunque si facesse musica, per preparare i compositori e insegnare agli esecutori l’arte dell’improvvisazione. Fu una trasmissione orale da maestro ad allievo, diversa secondo le diverse #ScuoleItaliane: la #ScuolaBolognese, la #ScuolaVeneta..

Il primo 1700 fu quindi l’epoca dell’Arcadia, caratterizzata dai partimenti. Quando i tedeschi imporranno alle scuole di musica i sistemi teorici basati su regole fisse,  quel mondo libero, armonioso ed estroso della #ScuolaItaliana perderà di significato sino a scomparire del tutto a metà Ottocento.

Lo spirito razionalistico, che si riflette nella pratica dei partimenti, fu favorito dall’Accademia d’Arcadia che s’oppone decisamente al Barocco. Il Barocco infatti nelle arti, in letteratura e anche in musica termina attorno al 1680.  Non ha quindi senso parlare di Barocco musicale per Vivaldi, Scarlatti, Pasquini, Durante, che appartengono a un’epoca di segno opposto, o addirittura di suddividere 150 di storia musicale dal 1600 al 1750 in Barocco, medio Barocco e tardo Barocco, distruggendo ogni rimando alla nostra cultura.

Anche la distinzione d’Età del Basso Continuo (1600-1750) è sbagliata, primo perché le forme musicali hanno significato diverso e veicolano diversi linguaggi relativi al proprio tempo, e tra il 1600 e il 1750 ne sono cambiate di cose in Italia; secondo perché il Basso Continuo spesso si confonde con il partimento, quando invece non ha nulla che fare con quello; quarto perché il partimento presuppone una grande libertà di scelta, in armonia, nel contrappunto, negli organici; quinto perché le testimonianze iconografiche e altre fonti testimoniano che il Basso Continuo non è una struttura prefissata una volta per tutte, come lo si intende oggi. Poteva essere benissimo suonato senza realizzazione degli accordi, eseguendo solo la line del basso e con ottimi risultati, per obbedire appunto a quello spirito razionale di semplificazione che domina l’Arcadia.  

Luca Bianchini

Per approfondimenti, vedi Luca Bianchini, Anna Trombetta, Mozart la caduta degli dei parte seconda (2017) e Mozart la caduta degli dei parte prima (2016)

novità editoriale

Luca Bianchini, Anna Trombetta, Mozart il flauto magico, (2018)

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