Wolfgang Amadeus Mozart

(1756-1791)

Il re pastore

Serenata in 2 Atti, è stata rappresentata a Salisburgo il 23 aprile del 1775

Personaggi

Alessandro (Tenore), Aminta (Soprano), Elisa (Soprano), Tamiri (Soprano), Agenore (Tenore)

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA
Vasta e amena campagna irrigata dal fiume
Bostreno, sparsa di greggi e di pastori. Largo
ma rustico ponte sul fiume. Innanzi tuguri
pastorali. Veduta della città di Sidone in
lontano.
Aminta assiso sopra un sasso, cantando al
suono delle avene pastorali indi Elisa.

AMINTA
Intendo amico rio
Quel basso mormorio
Tu chiedi in tua favella
Il nostro ben dov'è?
(Vedendo Elisa getta le avene,
e corre ad incontrarla)
Bella Elisa? idol mio? dove?

ELISA
(lieta, e frettolosa)
A te caro Aminta.

AMINTA
O dèi! non sai,
Che il campo d'Alessandro
Quindi lungi non è? Che tutte infesta
Queste amene contrade
Il Macedone armato?

ELISA
Il so.

AMINTA
Ma dunque
Perché sola t'esponi all'insolente
Licenza militar?

ELISA
Rischio non teme,
Non ode amor consiglio.
Il non vederti è il mio maggior periglio.

AMINTA
E per me?

ELISA
Deh, m'ascolta. Ho colmo il core
Di felici speranze e non ho pace
Finché con te non le divido.

AMINTA
Altrove
Più sicura potrai...

ELISA
Ma d'Alessandro
Fai torto alla virtù. Son della nostra
Sicurezza custodi
Quelle schiere, che temi. Ei da un tiranno
Venne Sidone a liberar né vuole
Che sia vendita il dono
Ne franse il giogo, e ne ricusa il trono.

AMINTA
Chi sarà dunque il nostro Re?

ELISA
Si crede,
Che ignoto anche a se stesso occulto viva
Il legittimo erede.

AMINTA
E dove?...

ELISA
Ah lascia,
Che Alessandro ne cerchi. Odi. La mia
Pietosa madre (oh cara madre!) alfine
Già l'amor mio seconda.

AMINTA
Ah!

ELISA
Tu sospiri, Aminta!
Che vuol dir quel sospiro?

AMINTA
Contro il destin m'adiro,
Che sì poco mi fece
Degno, Elisa, di te. Tu vanti il chiaro
Sangue di Cadmo; io pastorello oscuro,
Ignoro il mio. Tu abbandonar dovrai
Per me gli agi paterni. Offerirti in vece
Io non potrò nella mia sorte umile
Che una povera greggia, un rozzo ovile.

ELISA
Non lagnarti del ciel prodigo assai
Ti fu de' doni suoi. Se l'ostro, e l'oro
A te negò; quel favellar, quel volto,
Quel cor ti diè. Non le richezze, o gli avi;
Cerco Aminta in Aminta ed amo in lui
Fin la sua povertà. Dal dì primiero,
Che ancor bambina io lo mirai, mi parve
Amabile, gentile
Quel pastor, quella greggia, e quell'ovile
E mi restò nel core
Quell'ovil, quella greggia, e quel pastore.

AMINTA
Oh mia sola, oh mia vera
Felicità! Quei cari detti...

ELISA
Addio.
Corro alla madre e vengo a te. Fra poco
Io non dovrò mai più lasciarti. Insieme
Sempre il sol noi vedrà, parta, o ritorni.
Oh dolce vita; oh fortunati giorni!
Alla selva, al prato, al fonte
Io n'andrò col gregge amato;
E alla selva, al fonte, al prato
L'idol mio con me verrà.
In quel rozzo angusto tetto,
Che ricetto a noi darà,
Con la gioia e col diletto
L'innocenza albergherà.
(Parte)

SCENA SECONDA
Alessandro, Agenore con picciolo seguito, e detto.

AMINTA
Perdono, amici Dèi. Fui troppo ingiusto
Lagnandomi di voi. Non splende in cielo
Dell'astro che mi guida astro più bello.
Se la terra ha un felice, Aminta è quello.
(Entrano Alessandro ed Agenore, non
notati da Aminta)

AGENORE
(piano ad Alessandro)
(Ecco il pastor)

AMINTA
Ma fra' contenti obblìo
La mia povera greggia.
(In atto di partire)

ALESSANDRO
(ad Aminta)
Amico? ascolta.

AMINTA
(Un guerrier!)
(ad Alessandro)
Che dimandi?

ALESSANDRO
Sol con te ragionar.

AMINTA
Signor, perdona
(Qualunque sei) d'abbeverar la greggia
L'ora già passa.

ALESSANDRO
Andrai ma un breve istante
Donami sol.
(Piano ad Agenore)
(Che signoril sembiante!)

AMINTA
(Da me che mai vorrà!)

ALESSANDRO
Come t'appelli?

AMINTA
Aminta.

ALESSANDRO
E il padre?

AMINTA
Alceo.

ALESSANDRO
Vive?

AMINTA
No; scorse.
Un lustro già, ch'io lo perdei.

ALESSANDRO
Che avesti
Dal paterno retaggio?

AMINTA
Un orto angusto,
Ond'io traggo alimento;
Poche agnelle, un tugurio, e il cor contento.

ALESSANDRO
Vivi in povera sorte...

AMINTA
Assai benigna
Sembra a me la mia stella.
Non bramo della mia sorte più bella.

ALESSANDRO
Ma in sì scarsa fortuna...

AMINTA
Assai più scarse
Son le mie voglie.

ALESSANDRO
Aspro sudor t'appresta
Cibo volgar

AMINTA
Ma lo condisce.

ALESSANDRO
Ignori
Le grandezze, gli onori.

AMINTA
E rivali non temo,
E rimorsi non ho.

ALESSANDRO
T'offre un ovile
Sonni incomodi, e duri.

AMINTA
Ma tranquilli, e sicuri.

ALESSANDRO
E chi fra queste,
Che ti fremono intorno armate squadre,
Chi assicurar ti può?

AMINTA
Questa, che tanto
Io lodo, tu disprezzi, e il ciel protegge,
Povera oscura sorte.

AGENORE
(piano ad Alessandro)
(Hai dubbi ancora?)

ALESSANDRO
(Quel parlar mi sorprende, e m'innamora).

AMINTA
S'altro non brami, addio.

ALESSANDRO
Senti. I tuoi passi
Ad Alessandro io guiderò, se vuoi.

AMINTA
No!

ALESSANDRO
Perché?

AMINTA
Sedurrebbe
Ei me dalle mie cure; io qualche istante
Al mondo usurperei del suo felice
Benefico valor. Ciascun se stesso
Deve al suo stato. Altro il dover d'Aminta,
Altro è quel d'Alessandro. È troppo angusta
Per lui tutta la terra una capanna
Assai vasta è per me. D'agnelle io sono,
Ei Duce è di guerrieri
Picciol campo io coltivo, ei fonda imperi.

ALESSANDRO
Ma può il ciel di tua sorte
In un punto cangiar tutto il tenore.

AMINTA
Sì, ma il cielo fin'or mi vuol pastore.
Aer tranquillo e dì sereni,
Freschi fonti e verdi prati
Sono i voti fortunati
Della greggia e del pastor.
Che se poi piacesse ai fati
Di cambiar gl'offici miei
Avran cura allora i Dèi
Di cambiarmi e mente e cor.
(Parte)

SCENA TERZA
Alessandro ed Agenore.

AGENORE
Or che dici, Alessandro?

ALESSANDRO
Ah, certo asconde
Quel pastorel lo sconosciuto erede
Del soglio di Sidone! Eran già grandi
Le prove tue; ma quel parlar, quel volto
Son la maggior. Che nobil cor! che dolce,
Che serena virtù! Seguimi andiamo
La grand'opra a compir. De' fasti miei
Sarà questo il più bello. Abbatter mura
Eserciti fugar, scuoter gl'imperi
Fra' turbini di guerra,
È il piacer, che gl'Eroi provano in terra.
Ma sollevar gli oppressi,
Render felici i regni,
Coronar la virtù, togliere a lei
Quel, che l'adombra ingiurioso velo,
È il piacer, che gli Dèi provano in cielo.
Si spande al sole in faccia
Nube talor così
E folgora, e minaccia
Sull'arido terren.
Ma poi che in quella foggia
Assai d'umori unì,
Tutta si scioglie in pioggia
E gli feconda il sen.
(Alessandro parte; Agenore fa per seguirlo)

SCENA QUARTA
Tamiri in abito pastorale ed Agenore.

TAMIRI
Agenore? T'arresta. Odi...

AGENORE
Perdona
Leggiadra pastorella; io d'Alessandro
Deggio or su l’orme... (Oh Dèi! Tamiri è quella!,
Principessa)

TAMIRI
Ah, mio ben!

AGENORE
Sei tu?

TAMIRI
Son io.

AGENORE
Tu qui! Tu in questa spoglia!

TAMIRI
Io deggio a questa
Il sol ben che mi resta,
Ch'è la mia libertà già che
Alessandro Padre, e regno m'ha tolto.

AGENORE
Oh, quanto mai
Ti piansi, e ti cercai! Ma dove ascosa
Ti celasti finor?

TAMIRI
La bella Elisa
Fuggitiva m'accolse.

AGENORE
E qual disegno?...
Ah m'attende Alessandro.
Addio; ritornerò.

TAMIRI
Senti. Alla fuga
Tu d'aprirmi un cammin ben mio procura.
Altrove almeno io piangerò sicura.

AGENORE
Vuoi seguir, Principessa,
Un consiglio più saggio? Ad Alessandro
Meco ne vieni.

TAMIRI
All'uccisor del padre!

AGENORE
Straton se stesso uccise, ei la clemenza
Del vincitor prevenne.

TAMIRI
Io stessa al lacci
Offrir la destra? Io delle greche spose
Andrò gl'insulti a tollerar?

AGENORE
T'inganni
Non conosci Alessandro. Ed io non posso
Per or disingannarti. Addio, fra poco
A te verrò.
(In atto di partire)

TAMIRI
Guarda d'Elisa i tetti
Colà...

AGENORE
(come sopra)
Già mi son noti.

TAMIRI
Odi.

AGENORE
Che brami?

TAMIRI
Come sto nel tuo core?

AGENORE
Ah non lo vedi?
A' tuoi begl'occhi, o Principessa, il chiedi.
Per me rispondete,
Begl'astri d'amore
Se voi nol sapete
Chi mai lo saprà?
Voi tutte apprendeste
Le vie del mio core,
Talor che vinceste
La mia libertà.
(Parte)

SCENA QUINTA
Tamiri sola.

TAMIRI
No voi non siete, o Dèi,
Quanto finor credei
Inclementi con me. Cangiaste, è vero,
In capanna il mio soglio; in rozzi velli
La porpora real; ma fido ancora
L'idol mio ritrovai.
Pietosi Dèi, voi mi lasciaste assai!
Di tante sue procelle
Già si scordò quest'alma
Già ritrovò la calma
Sul volto del mio ben.
Fra l'ire delle stelle
Se palpitò d'orrore,
Or di contento il core
Va palpitando in sen.
(Parte)

SCENA SESTA
Elisa, sommamente allegra e frettolosa, poi
Aminta.

ELISA
Oh lieto giorno! oh me felice! oh, caro
Mio genitor! Ma dove andò? Pur dianzi
Qui lo lasciai.
(Guardando la capanna)
Sarà là dentro. Aminta!
(Batte alla porta)
Aminta!... oh stolta! mi sovviene; è l'ora
D'abbeverar la greggia. Al fonte io deggio,
E non qui ricercarne...

AMINTA
(Entrando mentre Elisa sta per partire)
Dove t'affretti Elisa?

ELISA
Ah tornasti una volta. Andiamo.

AMINTA
E dove?

ELISA
Al genitor.

AMINTA
Dunque ei consente.

ELISA
Il core
Non m'ingannò. Sarai mio sposo, e prima
Che il sol tramonti. Impaziente il padre
N'è al par di noi. D'un così amabil figlio
Superbo, e lieto... ei tel dirà. Vedrai
Dall'accoglienze sue... vieni!

AMINTA
Ah ben mio
Lasciami respirar. Pietà d'un core,
Che fra le gioie estreme...

ELISA
Deh non tardiam respireremo insieme.
(In atto di partire)

SCENA SETTIMA
Agenore seguito da guardie reali, e nobili di
Sidone, che portano sopra bacili d'oro le
regie insegne, e detti.

AGENORE
Dal più fedel vassallo
Il primo omaggio eccelso Re ricevi.
(Si inginocchia)

ELISA
(ad Aminta)
Che dice?

AMINTA
(ad Agenore)
A chi favelli?

AGENORE
A te, Signor.

AMINTA
(con viso sdegnoso)
Lasciami in pace e prendi
Alcun altro a schernir. Libero io nacqui,
Se Re non sono; e se non meno omaggi,
(crescendo il risentimento)
Ho un core almen che non sopporta oltraggi.

AGENORE
(levandosi)
Quel generoso sdegno
Te scopre, e me difende. Odimi e soffri,
Che ti sveli a te stesso il zelo mio.

ELISA
Come! Aminta ei non è?

AGENORE
No!

AMINTA
E chi son io?

AGENORE
Tu Abdolonimo sei l'unico erede
Del soglio di Sidone.

AMINTA
Io!

AGENORE
Sì! Scacciato
Dal reo Stratone il padre tuo, bambino
Al mio ti consegnò. Questi morendo
Alla mia fè commise
Te, il segreto, e le prove.

ELISA
E il vecchio Alceo?...

AGENORE
L'educò sconosciuto.

AMINTA
E tu fin'ora...

AGENORE
Ed io, finor tacendo, alla paterna
Legge ubbidii. M'era il parlar vietato,
Finché qualche cammin t'aprisse al trono
L'assistenza de' Numi. Io la cercai
Nel gran cor d'Alessandro e la trovai.

ELISA
O giubilo! O contento!
Il mio bene è il mio Re.

AMINTA
(ad Agenore)
Dunque
Alessandro...

AGENORE
T'attende, e di sua mano
Vuol coronarti il crin.
Le regie spoglie
Quelle son, ch'ei t'invia. Questi, che vedi,
Son tuoi servi, e custodi. Ah vieni ormai;
Ah questo giorno ho sospirato assai.
(Parte col seguito)

SCENA OTTAVA
Elisa allegra, Aminta attonito.

AMINTA
Elisa!

ELISA
Aminta!

AMINTA
E’ sogno?

ELISA
Ah no.

AMINTA
Tu Credi
Dunque

ELISA
Sì. Non è strano
Questo colpo per me, benché improvviso.
Un cor di Re sempre io ti vidi in viso.

AMINTA
Sarà. Vadasi in tanto Al padre tuo.
(S'incammina)

ELISA
(l'arresta)
No, maggior cura i Numi
Ora esigon da te. Va, regna, e poi...

AMINTA
Che! m'affretti a lasciarti? e non ti cale,
Che il genitor, oh Dèi!
A cui la tua tu dei,
La mia felicità degg'io, de' nuovi
Improvvisi contenti or ne sia a parte?
Perdona, Elisa, ubbidirti non posso;
Me 'l vietan l'amor tuo, il gran piacere,
Il rispetto, il dovere.
Ah pria, ch'altri il prevenga,
Dal mio labbro sì lieta nuova intenda,
E ad Alessandro, e al regno poi n'andrò;
Quindi fra poco nel fido pastore
Un Re tuo sposo a te ritornerà.
(Elisa guarda tristemente a terra)
Soffri, ch'io vada... Ah se sapessi, quanto
Lungi da te, idol mio, un solo istante,
Peni il mio cor amante ... ..

ELISA
Ah se vedessi,
Come sta questo cor! Di gioia esulta,
Ma pur... no no tacete
Importuni timori.
(Guardandolo con orgoglio)
Or non si pensi,
Se non che Aminta è Re. Deh va potrebbe
Alessandro sdegnarsi.

AMINTA
(circondandola con un braccio)
Amici dèi, Son grato al vostro dono
Ma troppo è caro a questo prezzo un trono.

ELISA
Vanne a regnar, ben mio,
Ma fido a chi t'adora
Serba, se puoi, quel cor.

AMINTA
Se ho da regnar, ben mio,
Sarà sul trono ancora
Il fido tuo pastor.

ELISA
Ah che il mio Re tu sei!

AMINTA
Ah che crudel timor!

ELISA e AMINTA
Ah proteggete oh Dei,
Questo innocente amor.

 

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA
Grande, e ricco padiglione d'Alessandro da
un lato; ruine inselvatichite di antichi edifici
dall'altro. Campo de' Greci in lontano.
Guardie del medesimo in vari luoghi.
Elisa, poi Agenore.

ELISA
(entrando, si guarda attorno)
Questa del campo greco
È la tenda maggior. Qui l'idol mio
Certo ritroverò.

AGENORE
(arrestandola)
Dove t'affretti
Leggiadra ninfa?

ELISA
(vuol passare)
Io vado al Re.

AGENORE
(la ferma)
Perdona
Veder nol puoi.

ELISA
Per qual ragione?

AGENORE
Or siede
Co' suoi Greci a consiglio.

ELISA
Co' Greci suoi?

AGENORE
Si.

ELISA
(incamminandosi)
Dunque andar poss'io.
Non è quello il mio Re.

AGENORE
(arrestandola)
Ferma; né pure
Al tuo Re lice andar.

ELISA
Perché?

AGENORE
Che attenda
Alessandro or convien.

ELISA
(come sopra)
L'attenda. Io bramo
Vederlo sol.

AGENORE
No, d'inoltrarti tanto
Non è permesso a te.

ELISA
Dunque l'avverti
Egli a me venga.

AGENORE
E questo
Non è permesso a lui.

ELISA
Permesso almeno
Mi sarà d'aspettarlo.
(Siede sopra un sasso)

AGENORE
Amica Elisa
Va credi a me. Per ora
Deh non turbarci. Io col tuo Re fra poco
Più tosto a te verrò.

ELISA
No non mi fido.
Tu non pensi a Tamiri,
Ed a me penserai?

AGENORE
T'inganni. Appunto
Io voglio ad Alessandro
Di lei parlar. Già incominciai, ma fui
Nell'opera interrotto. Ah va! S'ei viene,
Gli opportuni momenti
Rubar mi puoi.

ELISA
(si leva)
T'appagherò. Ma senti
Se tardi, io torno.

AGENORE
E giusto.

ELISA
Addio. Frattanto
(S'incammina e poi si volge)
Non celare ad Aminta
Le smanie mie.

AGENORE
No.

ELISA
(come sopra)
Digli
Che le sue mi figuro.

AGENORE
Sì.

ELISA
(ad Agenore ma da lontano)
Da me lungi oh quanto
Penerà l'infelice!

AGENORE
Molto!

ELISA
(da lontano)
E parla di me?

AGENORE
Sempre!

ELISA
(torna ad Agenore)
E che dice?

AGENORE
Ma tu partir non vuoi.
Se tutte io deggio
Ridir le sue querele...

ELISA
(con impeto)
Vado non ti sdegnar, sei pur crudele!
Barbaro! oh dio, mi vedi
Divisa dal mio ben,
Barbaro! E non concedi
Ch'io ne dimandi almen?
Come di tanto affetto
Alla pietà non cedi?
Hai pure un core in petto,
Hai pure un'alma in sen!
(Parte)

SCENA SECONDA
Agenore e Aminta.

AGENORE
Nel gran cor d'Alessandro, o Dèi clementi,
Secondate i miei detti
A favor di Tamiri. Ah n'è ben degna
La sua virtù, la sua beltà... Ma dove
(ad Aminta che arriva in fretta)
Dove corri mio Re?

AMINTA
La bella Elisa
Pur da lungi or mirai, perché s'asconde?
Dov'è?

AGENORE
Partì.

AMINTA
Senza vedermi? Ingrata!
Ah! raggiungerla io voglio.
(S'incammina)

AGENORE
(l'arresta)
Ferma, Signor.

AMINTA
Perché?

AGENORE
Non puoi.

AMINTA
Non posso?
Chi dà legge ad un Re?

AGENORE
La sua grandezza,
La giustizia, il decoro, il bene altrui,
La ragione, il dover.

AMINTA
Dunque pastore
Io fui men servo. E che mi giova il regno?

AGENORE
Se il regno a te non giova,
Tu giovar devi a lui. Se te non reggi,
Come altrui reggerai? Come - ah mi scordo,
Che Aminta è il Re, che un suo vassallo io sono.
Errai per troppo zel; Signor perdono!
(Vuole inginocchiarsi)

AMINTA
(lo solleva)
Che fai! sorgi. Ah se m'ami.
Parlami ogn'or così. Mi par sì bella,
Che di sé m'innamora
La verità, quando mi sferza ancora.

AGENORE
Ah, te destina il fato
Veramente a regnar.

AMINTA
Ma dimmi, amico
Non deggio amar chi m'ama? È poco Elisa
Degna d'amor? Chi condannar potrebbe
Fra gli uomini, fra i Numi, in terra, in cielo
La tenerezza mia?

AGENORE
Nessuno. È giusta;
Ma pria di tutto...

AMINTA
Ah! pria di tutto andiamo
Amico, a consolarla, e poi...

AGENORE
(arrestando Aminta)
T'arresta.
Sciolto è il consiglio escono i duci a noi
Viene Alessandro.
(Alessandro, i suoi generali ed il suo
seguito escono dalla tenda)

AMINTA
Ov'è?

AGENORE
Non riconosci
I suoi custodi alla real divisa?

AMINTA
Dunque...

AGENORE
Attender convien.
(Si ritira verso la tenda)

AMINTA
Povera Elisa!

SCENA TERZA
Alessandro e detti.

ALESSANDRO
(ad Aminta)
Per qual ragione
Resta il Re di Sidone
Ravvolto ancor fra quelle lane intesse?

AMINTA
Perché ancor non impresse
Su quella man, che lo solleva al regno,
Del suo grato rispetto un bacio in pegno.
Soffri, che prima al piede
Del mio benefattor...
(vuole inginocchiarsi)

ALESSANDRO
(Lo solleva)
No dell'amico
Vieni alle braccia; e di rispetto invece
Rendigli amore. Esecutor son io
Dei decreti del Ciel. Tu del contento
Che in eseguirli io provo,
Sol mi sei debitor. Per mia mercede
Chiedo la gloria tua.

AMINTA
Qual gloria, oh Dèi,
Io saprò meritar; se fino ad ora
Una greggia a guidar solo imparai?

ALESSANDRO
Sarai buon Re, se buon pastor sarai.

AMINTA
Sì. Ma in un mar mi veggo
Ignoto, e procelloso. Or se tu parti
Chi sarà l'astro mio? Da chi consigli
Prender dovrò?

ALESSANDRO
Già questo dubbio solo
Mi promette un gran Re.

AMINTA
Ma d'onde un sì gran lume
Può sperare un pastor?

ALESSANDRO
Dal Ciel, che illustra
Quei, che sceglie a regnar. Or va, deponi
Quelle rustiche vesti; altre ne prendi,
E torna a me. Già di mostrarti è tempo
A' tuoi fidi vassalli.

AMINTA
Ah fate, oh Numi
Fate che Aminta in trono
Se stesso onori, il donatore, e il dono.
(Parte)

SCENA QUARTA
Alessandro, Agenore.

AGENORE
(Or per la mia Tamiri
È tempo di parlar)

ALESSANDRO
La gloria mia
Me fra lunghi riposi,
O Agenore, non soffre. Oggi a Sidone
Il suo Re donerò; col nuovo giorno
Partir voglio. Ma (tel confesso) a pieno
Soddisfatto non parto. Il vostro giogo
Io fransi, è vero; io ritornai lo scettro
Nella stirpe real nel saggio Aminta
Un buon Re lascio al regno un vero amico
In Agenore al Re. Sarebbe forse
Onorata memoria il nome mio
Lungamente fra voi. Tamiri, oh Dèi,
Sol Tamiri l'oscura. Ov'ella giunga
Fuggitiva, raminga,
Di me, che si dirà? Che un'empio io sono
Un barbaro, un crudel.

AGENORE
Degna è di scusa
Se, figlia d'un tiranno, ella temea...

ALESSANDRO
Questo è il suo fallo. E che temer dovea?
Se Alessandro punisce
Le colpe altrui, le altrui virtudi onora.

AGENORE
L'Asia non vide altri
Alessandri ancora.

ALESSANDRO
Quanta gloria m'usurpa!
Io lascerei
Tutti felici. Ah per lei sola or questa
Riman del mio valore orma funesta!

AGENORE
(Coraggio!)

ALESSANDRO
Avrei potuto
Altrui mostrar, se non fuggìa Tamiri
Ch'io distinguer dal reo, so l'innocente.

AGENORE
Non lagnarti il potrai.

ALESSANDRO
Come?

AGENORE
È presente.

ALESSANDRO
Chi?

AGENORE
Tamiri.

ALESSANDRO
E mel taci?

AGENORE
Il seppi appena,
Che a te venni e or volea...

ALESSANDRO
Corri, t'affretta,
Guidala a me.

AGENORE
Vado, e ritorno.
(In atto di partire)

ALESSANDRO
(pensa)
Aspetta!
(Risoluto da sé)
(Ah sì Ma più bel nodo
Non strinse amore) Or sì contento a pieno
Partir potrò. Vola a Tamiri e dille
Che oggi al nuovo Sovrano
Io darò la corona, ella la mano.

AGENORE
La man!

ALESSANDRO
Sì amico. Ah con un sol diadema
Di due bell'alme io la virtù corono!
Ei salirà sul trono,
Senza ch'ella ne scenda; a voi la pace,
La gloria al nome mio
Rendo così tutto assicuro.

AGENORE
(Oh Dio!)

ALESSANDRO
Tu impallidisci! e taci!
Disapprovi il consiglio? È pur Tamiri...

AGENORE
Degnissima del trono.

ALESSANDRO
È un tal pensiero...

AGENORE
Degnissimo di te.

ALESSANDRO
Di quale affetto
Quel tacer dunque è segno, e quel pallore?

AGENORE
Di piacer, di rispetto e di stupore.

ALESSANDRO
Se vincendo vi rendo felici,
Se partendo non lascio nemici,
Che bel giorno fia questo per me! !
De' sudori ch'io spargo pugnando,
Non dimando più bella mercé.
(Partono)

SCENA QUINTA
Parte interna di grande e deliziosa grotta
formata capricciosamente nel vivo sasso dalla
natura distinta, e rivestita in gran parte dal
vivace verde delle varie piante, o dall'alto
pendenti, o serpeggianti all'intorno e
rallegrata da una vena di limpid'acqua, che
scendendo obliquamente fra' sassi, orsi
nasconde, or si mostra, e finalmente si perde.
Gli spaziosi trafori, che rendono il sito
luminoso, scuoprono l'aspetto di diverse
amene, d'ineguali colline in lontano e in
distanza minore di qualche tenda militare
onde si comprenda essere il luogo nelle
vicinanze del campo greco.

Aminta solo.

AMINTA
(assiso sopra un sasso)
Oimè! declina il sol; già il tempo è scorso,
Che a' miei dubbi penosi
Agenore concesse. Io nel periglio
Di parer vile, o di mostrarmi infido
Tremo, ondeggio, m'affanno, e non decido.
E questo è il regno? E così ben si vive
Fra la porpora, e l'or? Oh me infelice!
(all'avvicinarsi di Agenore)
Agenore già vien. Che dirgli? oh Dio!
(Si leva)

SCENA SESTA
Agenore e detto.

AGENORE
E irresoluto ancora
Ti ritrovo o mio Re?

AMINTA
No.

AGENORE
Decidesti?

AMINTA
Sì.

AGENORE
Come?

AMINTA
Il dover mio
A compir son disposto.

AGENORE
Ad Alessandro
Dunque d'andar più non ricusi?

AMINTA
A lui
Anzi già m'incammino.

AGENORE
Elisa, e trono
Vedi, che andar non ponno insieme.

AMINTA
È vero,
Né d'un eroe benefico al disegno
Oppor si dee chi ne riceve un regno.

AGENORE
Oh fortunato Aminta! Oh qual compagna
Ti destinan le stelle! Amala; è degna
Degl'affetti d'un Re.

AMINTA
Comprendo amico,
Tutta la mia felicità. Non dirmi
D'amar la sposa mia. Già l'amo a segno,
Che senza lei mi spiacerebbe il regno.
L'amerò, sarò costante
Fido sposo, e fido amante
Sol per lei sospirerò.
In sì caro, e dolce oggetto
La mia gioia, il mio diletto,
La mia pace io troverò.
(Parte)

SCENA SETTIMA
Agenore solo.

AGENORE
Uscite, alfine, uscite,
Trattenuti sospiri,
Oh dio, bella Tamiri, oh dio...

SCENA OTTAVA
Elisa e detto.

ELISA
Ma senti,
Agenore, quai fole
S'inventan qui per tormentarmi. È sparso
Ch'oggi Aminta a Tamiri
Darà la man di sposo.

AGENORE
Esci d'error. Nessun t'inganna.

ELISA
E sei
Tu sì credulo ancor?

AGENORE
Io non saprei
Per qual via dubitarne.

ELISA
E mi abbandona
Dunque Aminta così? Donde apprendesti
Novella sì gentil?

AGENORE
Da lui.

ELISA
Da lui!

AGENORE
Sì, dall'istesso Aminta.

ELISA
Dove?

AGENORE
Qui.

ELISA
Quando?

AGENORE
Or ora.

ELISA
E disse?

AGENORE
[E disse]
Che al voler d'Alessandro
Non dessi oppor chi ne riceve un regno.

ELISA
Santi Numi del ciel! Come! a Tamiri
Darà la man?

AGENORE
La mano, e il cor.

ELISA
Che possa
così tradirmi Aminta!

AGENORE
Ah cangia Elisa,
Cangia ancor tuo pensiero
Cedi al destin.

ELISA
No, non sarà mai vero!

AGENORE
Ma s'ei più tuo non è, con quei trasporti
Che puoi far?

ELISA
Che far posso? Ad Alessandro
Agli uomini, agli Dèi, pietà, mercede,
Giustizia chiederò. Voglio, che Aminta
Confessi a tutti in faccia
Che del suo cor m'ha fatto dono; e voglio,
Se pretende il crudel, che ad altri il ceda,
Voglio morir d'affanno e ch'ei lo veda.
(Parte piangendo)

SCENA NONA
Agenore e poi Tamiri.

AGENORE
Povera ninfa! Io ti compiango e intendo
Nella mia la tua pena. Io da Tamiri
Convien che fugga; e ritrovar non spero
Alla mia debolezza altro ricorso.
(In atto di partire)

TAMIRI
(entra con un foglio in mano)
Agenore t'arresta!

AGENORE
(Oh Dèi! soccorso!)

TAMIRI
(con ironia)
D'un regno debitrice
Ad amator sì degno
Dunque è Tamiri?

AGENORE
Il debitore è il regno.

TAMIRI
(come sopra)
Perché sì gran novella
Non recarmi tu stesso?

AGENORE
È ver; ma forse
L'idea del dover mio
In faccia a te... Bella Regina, addio.
(In atto di partire)

TAMIRI
Sentimi. Dove corri?

AGENORE
A ricordarmi
Che sei la mia Sovrana.

TAMIRI
(con impero)
Alle mie nozze
Io presente ti voglio.

AGENORE
Ah no, perdona
Questo è l'ultimo addio.

TAMIRI
(con impero)
Ubbidienza io voglio
Da un suddito fedel.

AGENORE
(Oh Dio!)

TAMIRI
(come sopra)
M'udisti?

AGENORE
Ubbidirò, crudele.

TAMIRI
Se tu di me fai dono
Se vuoi che d'altri io sia
Perché la colpa è mia?
Perché son io crudel?
La mia dolcezza imita;
L'abbandonata io sono
E non t'insulto ardita,
Chiamandoti infedel.
(Parte)

SCENA DECIMA
Agenore solo.

AGENORE
Misero cor! Credevi
D'aver tutte sofferte
Le tirannie d'amore. Ah non è vero
Ancor la più funesta,
Misero core, a tollerar ti resta!
Sol può dir come si trova
Un'amante in questo stato
Qualche amante sfortunato,
Che lo prova al par di me.
Un tormento è quel ch'io sento,
Più crudel d'ogni tormento,
E un tormento disperato
Che soffribile non è.
(Parte)

Parte dello spazio circondato dal gran portico
del celebre tempio di Ercole Tirio. Tutto il
vasto recinto è riccamente adornato (per
l'incoronazione del nuovo re di Sidone) e di
vasi d'oro, e di barbari tappeti, e di festoni di
verdure, e di fiori, che intorno alle numerose
colonne artificiosamente s'avvolgono, e tutte
tra loro le intrecciano. Dal destro lato, molto
innanzi, ricco ed elevato trono con due sedili,
sopra de' quali scettro e corona reali. Dal
lato medesimo, ma in distanza maggiore,
magnifico ingresso del tempio suddetto, a cui
s'ascende per ampia e superba scala. Fuori
dal portico, alla destra, veduta del faro e del
porto di Sidone guarnito di folte navi alla
sinistra, della falange macedone disposta in
ordinanza, a vista del trono. Concorso per
tutto di cittadini, e pastori.

SCENA UNDICESIMA
Fra l'armonia strepitosa de' militari stromenti esce
Alessandro preceduto da' Capitani greci, e seguito
da Nobili di Sidone. Poi Tamiri, indi Agenore.

ALESSANDRO
Voi, che fausti ognor donate
Nuovi germi a' lauri miei,
Secondate amici Dei
Anche i moti del mio cor.
Olà! che più si tarda? Il sol tramonta
Perché il Re non si vede?
Dov'è Tamiri?

TAMIRI
(venendo avanti, seguita da Agenore)
È d'Alessandro al piede.

ALESSANDRO
Sei tu la Principessa?

TAMIRI
Son'io.

AGENORE
Signor, non dubitarne; è dessa.

TAMIRI
Odi Agenore amante
La mia grandezza all'amor suo prepone
Se alla grandezza mia posporre io debba
Un'anima sì fida,
Esamini, Alessandro, e ne decida.

ALESSANDRO
Dèi! qual virtù! qual fede!

SCENA DODICESIMA
Elisa e detti.

ELISA
(entrando con impeto)
Ah giustizia Signor, pietà, mercede!

ALESSANDRO
Chi sei? che brami?

ELISA
Io sono Elisa. Imploro
D'Alessandro il soccorso
A pro d'un core ingiustamente oppresso.

ALESSANDRO
Contro chi mai?

ELISA
Contro Alessandro istesso.

ALESSANDRO
Che ti fece Alessandro?

ELISA
Egli m'invola
Ogni mia pace, ogni mio ben d'affanno
Ei vuol vedermi estinta.
D'Aminta io vivo ei mi rapisce Aminta.

ALESSANDRO
Aminta! E qual ragione
Hai tu sopra di lui?

ELISA
Qual! da bambina
Ebbi il suo core in dono.

ALESSANDRO
Colui, che il cor ti diè, ninfa gentile,
Era Aminta, il pastore a te giammai
Abdolonimo, il Re, non diede il core.

SCENA TREDICESIMA
Aminta e detti.

AMINTA
(entrando, in abito da pastore, seguito da
alcuni pastori e recando le vesti regali)
Signore, io sono Aminta, e son pastore.

ALESSANDRO
Come!

AMINTA
Le regie spoglie
Ecco al tuo piè.
(Depone le vesti davanti ad Alessandro)
Con le mie lane intorno,
Alla mia greggia, alla mia pace io torno.

ALESSANDRO
E Tamiri non è...

AMINTA
Tamiri è degna
Del cor d'un Re; ma non è degna Elisa
Ch'io le manchi di fé. Abbiasi il regno
Chi ha di regnar talento
Pur ch'Elisa mi resti, io son contento.

AGENORE
Che ascolto!

ALESSANDRO
Ove son'io?

ELISA
Agenore, io tel dissi; Aminta è mio!

ALESSANDRO
Sì generosi amanti
Non divida Alessandro. Eccoti, Aminta,
La bella Elisa. Ecco, Tamiri, il tuo
Agenore fedel.
(Ad Aminta ed Elisa)
Voi di Sidone or sarete i regnanti,
(Ad Agenore e Tamiri)
E voi soggetti
Non resterete. A fabbricarvi' il trono
La mia fortuna impegno,
Ed a tanta virtù non manca un regno.

ELISA. AMINTA, TAMIRI, AGENORE
Oh, grande! Oh, giusto!

ALESSANDRO
Ah, vegga alfin Sidone
Coronato il suo re!

AMINTA
Ma in queste spoglie...

ALESSANDRO
In queste spoglie a caso
Qui non ti guida il cielo. Il ciel predice
Del tuo regno felice
Tutto per questa via forse il tenore
Bella sorte d'un regno è
Il RE PASTORE.

TUTTI
Viva l'invitto duce,
Viva del cielo il dono,
Più caro al nostro cor.

ELISA e AMINTA
Con fortunati auspici
In questi dì più belle
Splendano in ciel le stelle
Rida più lieto amor.

ELISA
Nell'adorarti ognora,
Qual sia un felice amore
Caro, il mio cor saprà.

AMINTA
Se quel tuo cor m'adora,
Cara, più dolce ardore
No che l'amor non dà.

ALESSANDRO
Questo è per me contento.

AGENORE
Gioia ne provo al cor.

AMINTA, TAMIRI, ELISA, AGENORE
No, che ad amore un cor
Resistere non sa.

ELISA
Vaghe luci, mio tesoro.

AMINTA
Cari accenti del mio bene.

ELISA e AMINTA
Nel mirarti mi conviene,
Dolcemente sospirar.

TAMIRI e AGENORE
Alme liete, alme care,
Sì godete nell'amar!

F I N E

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