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MANOSCRITTI

PARTITURE A STAMPA

TESTI DELLE CANZONI

Alessandro Stradella

(Nepi, Viterbo 1/10/1644, Genova 25/2/1682)

"Stradella (Alessandro), famoso cantante e compositore Veneziano sulla metà del sec. 17. La di lui vita offre una sensibile prova della possanza della musica, ed insieme un terribile esempio dell'eccesso della vendetta. Com'egli frequentava le più distinte case di Venezia, gli amatori di musica facevano a gara per aver da lui lezione. Tra' suoi allievi eravi una giovane signora, chiamata Ortensia, di un'antica famiglia di Roma, che teneva un amoroso intrigo con un signor veneziano. Stradella ne fu innamorato, e non stentò molto a farsi da lei preferire al suo rivale; la rapì, e seco menolla in Roma facendosi credere di già maritati. Il Signor veneziano, montato in furore per quel ratto, fece appostar due assassini sulle loro tracce: costoro, dopo averli inutilmente cercati in alcune città d'Italia, scopersero finalmente il luogo del loro ricetto, e giunsero in Roma una sera, che Stradella dava un oratorio in S. Giovanni di Laterano. Questi scellerati, risoluti a compire il loro delitto al sortire ch'ei farebbe dalla chiesa, entrarono per sentire la musica, o sibbene per vegliare sulla loro vittima, e non far che sfuggisse loro. Ma questo lo salvò. Al sentire appena la voce incantatrice di Stradella furon eglino presi di compassione e di rimorsi; rimprocciaronsi a vicenda il loro orribile disegno, ed altra brama e voglia non ebbero che di salvar quello, di cui un istante avanti avevan giurata la morte. Lo aspettarono dinanzi alla porta della chiesa, e vedendolo uscire insieme con Ortensia, gli si accostarono con pulitezza e con garbo, lo ringraziarono del piacere che aveva lor cagionato, e gli confessarono dover egli la sua salvezza all'impressione, che su di loro fatto aveva la sua voce: gli spiegarono dappoi il motivo del loro viaggio, e conchiusero consigliandogli di lasciare al più presto Roma, affinchè potessero far credere a quegli, che gli aveva spediti, di esser giunti assai tardi. Stradella ubbidì loro, e portossi con la donna a Torino, mentre quelle due persone di ritorno a Venezia scusaronsi della maniera che di già si è detta. Ma un tal successo non fece che accrescer rabbia al furibondo veneziano; alla sua vendetta fece compagno il padre stesso di Ortensia, dandogli a sentire, che lavar ei non potrebbe la sua ignominia se non col sangue della figlia, e del di lei rapitore; e lo snaturato vecchio messosi alla testa de' due assassini prese il cammino della Savoja; dopocchè fè darsi delle commendatizie per l'ambasciadore di Francia, allora il marchese di Villars. Frattanto la duchessa reggente di Savoja, informata dell'arrivo de' due amanti, e del motivo della loro partenza da Roma, pensò sottrarli alla vendetta del veneziano. Mise Ortensia in un convento, e diè a Stradella il titolo di primo suo musico, con alloggio nel suo stesso palazzo. Tali precauzioni parvero bastevoli alla sicurezza di ambidue, ed essendo scorsi tranquillamente già alcuni mesi, Stradella credeva non aver nulla a temere, allorquando una sera trovandosi a diporto sui baloardi della città, venne assalito dai tre sicarj, che gli diedero un colpo di pugnale al petto; e lasciandolo per morto in sul luogo, andarono prestamente a ricoverarsi nel palazzo dell'ambasciadore di Francia. Eran costoro il padre di Ortensia, e i suoi due satelliti, che il ministro francese, il quale nè voleva difenderli dopo un sì atroce delitto, nè abbandonarli alla giustizia dopo avergli dato asilo, fece secretamente fuggire alquanto dopo. Fra questo mentre Stradella guarì della ferita, che non era mortale, e 'l Veneziano vide una seconda volta andar in fumo i progetti di sua vendetta, ma non perciò abbandonolli. Stabilì soltanto a differirne d'or innanzi l'esecuzione per renderla più sicura, e contentossi di far spiare il suo nemico da' suoi emissarj. Passò così un anno senza tentare nuova impresa, ed era da presumere che i persecutori eran già stanchi dell'inutilità de' loro sforzi. La duchessa regente di Savoja pensò esser giunto il tempo di render sicura la felicità de' due amanti, e legittima la loro unione. Stradella ed Ortensia contrassero alla fine il lor matrimonio, e si credettero al termine delle loro sciagure. Ma una trista sperienza avrebbe dovuto far loro aprir gli occhi, e diffidare d'una calma apparente; la troppa sicurezza fu infatti la loro rovina. La curiosità di andare a vedere il porto di Genova fece abbandonar loro Torino. Il veneziano ne fu avvisato, e l'indomani del loro arrivo in Genova, entrarono i sicarj nella loro stanza, e gli assassinarono ambidue. L'epoca di questa fatale avventura è dell'anno in circa 1670. Stradella oltre all'essere un cantante di prima sfera, era altresì sommamente virtuoso sull'arpa e 'l violino, e gran compositore insieme. Il dottor Avison afferma ch'egli fu de' primi ad introdurre il recitativo nelle arie".
(Giuseppe Bertini, Dizionario storico-critico degli scrittori
di musica e de' più celebri artisti, Palermo 1815)

La Forza delle Stelle ovvero Il Damone Cliccando aprirai una pagina di ricerca su youtube. Su italianOpera non ci sono file video.

LIBRETTI A STAMPA

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Accademia d'amore

Accademia d'amore Cliccando aprirai una pagina di ricerca su youtube. Su italianOpera non ci sono file video.

(Roma, Palazzo (Teatro) Colonna, 1665)

Aita, numi, aita

(Roma, Teatro Tordinona, 1672)

Amanti, che credete

(Roma, Teatro Tordinona, 1671)

Che fai, Dorilla mia

(?)

Che nuove, o ragionevoli

(Aachen, 1668)

Chi me l'havesse detto

(Roma, 1668)

Chi mi conoscerà

(Roma, Teatro Tordinona, 1671)

Con meste luci

(Roma, 1668)

Dal luminoso impero

(Modena, 1681)

Doriclea

(?)

Dormi, Titone, addio

(Roma, Teatro Tordinona, 1671)

È dovrò dunque in solitaria stanza

(1668)



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TESTI DEI LIEDER